Ne è convinto l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri Josep Borrell, per il quale le sanzioni imporranno al leader del Cremlino il dilemma pane o cannoni.
Nonostante l’effetto differito nel tempo e la spregiudicatezza di Putin, i blocchi economico-finanziari messi in campo soprattutto da Europa e Stati Uniti stanno iniziando a provocare effetti collaterali non indifferenti per la prosecuzione della strategia del neo-zar.
Innanzitutto, secondo Borrell, è opportuno riconsiderare quali sanzioni sono state applicate e quale impatto stanno avendo (o dovrebbero avere) sulla struttura economico-politica russa.
Com’è noto, non senza difficoltà e distinguo interni poi appianati, l’Unione Europea e gli Stati Uniti (con l’aggiunta dei membri del G7 e di altre 40 nazioni del globo) hanno emanato finora sei pacchetti di sanzioni che vanno a ledere interessi e libertà economico-fiscali di 1.200 personalità russe (i cosiddetti “oligarchi”) e di 98 enti statali o parastatali moscoviti.
Innanzitutto gli sforzi si stanno concentrando sull’energia: vero e proprio nettare finanziario per l’orso russo. Entro fine hanno i Paesi sanzionanti avranno ridotto del 90% le importazioni di petrolio, si tenterà di raggiungere livelli paragonabili anche sul fronte del gas. Inevitabilmente la dipendenza da Mosca genera effetti collaterali anche sullo stesso Occidente allargato, nondimeno la situazione impone virate strategiche che spesso risultato economicamente impattanti, almeno sul breve-medio periodo.
Eppure, la ricaduta attualmente più incisiva riguarda la componentistica ad alto valore aggiunto, ossia quella più lavorata e tecnologicamente avanzata.
La Russia difatti presenta un’economia sostanzialmente da paese del primo mondo, rispolverando una definizione ormai desueta, poiché dipendente quasi esclusivamente dai flussi di denaro derivanti dalle esportazioni di materie prime; mentre è costretta ad importare dall’estero strumentazione tecnica e componenti raffinati. Non a caso il Cremlino dipende in questi settori per due terzi da merci provenienti da UE ed U.S.A., al contrario solo 11% delle stesse ha origine cinese.
Proprio la Cina, da molti ventilata come nuovo partner strategico di Putin, in realtà non sta contribuendo fino ad ora a questo anelito russo ed ha anzi anch’essa limitato i suoi traffici con Mosca.
Ciò si deve alla natura strumentale del patto sino-russo, fondato esclusivamente sugli interessi patrii delle due nazioni: Pechino non può permettersi di perdere le relazioni che lo legano al ricco mercato occidentale, il principale sostentatore della propria fiorente economia fondata sulle esportazioni.
In questo senso le ripercussioni sulle industrie bellica ed estrattiva russe, private della componentistica euro-atlantica capace di farle funzionare ed evolvere, avranno devastanti contraccolpi sulle volontà ex-sovietiche.
Naturalmente la crisi innescata dall’invasione dell’Ucraina e la controffensiva economica dell’Ovest hanno riflessi negativi che vanno oltre gli Stati direttamente coinvolti e vanno ad impattare indirettamente sulle comunità più deboli e meno resilienti del planisfero.
Queste ultime sono soprattutto preoccupate per la crisi alimentare e securitaria concretizzantesi. Borrell non nasconde il problema, nonostante ciò rammenta la responsabilità russa per la politica protezionista e selettiva attuata nell’esportazione moscovita di grano e fertilizzanti, di cui l’ex impero sovietico è uno dei principali produttori mondiali. Infatti le sanzioni non vanno a ledere in alcun modo i beni alimentari e di prima necessità russi ed è quindi una precisa volontà di Putin quella di limitare i commerci per avere una leva negoziale fondata su fame e carestia.
Una ennesima conferma del comportamento criminale del Cremlino, la quale impone la dura replica del resto del mondo col fine primario di far comprendere al Presidente russo (e ai suoi epigoni sparsi qua e là sul globo) come le conquiste diplomatiche e di compromesso ottenute nel corso degli anni successivi alla fine del II conflitto mondiale siano un meccanismo che tutela primariamente i popoli e permette all’umanità di trovare soluzioni condivise senza affrontare le sferzate voluttuose e sopraffattorie del primo megalomane che ottiene sufficiente potere per scatenarle.
Data questa necessità di salvaguardia delle conquiste del diritto internazionale, l’Alto Rappresentante Borrell auspica una sempre maggior compattezza e capacità politico-militare dell’Unione Europea, per poter così rispondere alle sfide dei nuovi dittatori mondiali.
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