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Categories: Spettacoli

Boss in incognito: su Rai Due va in scena buonismo o virtù?

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E se scopriste di aver inconsapevolmente lavorato per giorni fianco a fianco con il vostro capo che si era finto collega? E’ quello che accade ai protagonisti di Boss in incognito, in onda su Rai Due in prima serata, il lunedì, con la conduzione di Costantino della Gherardesca.

Il programma è tratto dal format inglese Undercover Boss; la versione originale è trasmessa in Italia da Real Time. Il concept è potenzialmente accattivante, la suspense si dispiega infatti in due direzioni: inevitabile chiedersi se e soprattutto in che modo il boss sarà in grado di calarsi nei panni dei propri dipendenti, trovandosi a svolgere mansioni spesso umili, ma anche come reagiranno i lavoratori quando il capo rivelerà loro la sua reale identità.

Peccato che la versione italiana del programma presenti non pochi elementi di debolezza. La narrazione tende spesso e volentieri al patetico, le storie dei dipendenti con cui il boss si relaziona mirano a suscitare, generalmente, la lacrima facile. Nel momento in cui il boss rivela la propria identità e chiama a rapporto i dipendenti per esprimere il fatidico giudizio sul loro operato, dopo aver solitamente mantenuto un iniziale, apparente, tono critico che dovrebbe (qui il condizionale è d’obbligo) creare una certa suspense, il capo si scioglie in apprezzamenti ed elargisce premi. Il ritmo risulta nel complesso poco incalzante.

Insomma, Boss in incognito vuole essere un po’ un compendio dei buoni sentimenti. Esalta, a ragione, le virtù di lavoratori che umilmente si danno da fare per sostenere le proprie famiglie, facendo emergere quindi quell’Italia che ha voglia di impegnarsi, che lavora onestamente stringendo i denti anche in un periodo complesso come quello che stiamo vivendo. Vediamo capi che si mettono in gioco e che spesso si trovano a dover fare i conti e ad ammettere le difficoltà che devono affrontare i loro dipendenti. Il programma ci parla dunque di un’Italia virtuosa.
Il tono del racconto, tuttavia, rischia di far scivolare tutto in un buonismo un po’ affettato, poco convincente, non credibile fino in fondo.

Maria Elisabetta Santon

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