Per il caso di Sumal Jagsheer, ammazzato di botte due anni fa, è finalmente arrivata la sentenza della Corte d’assise.
La Corte d’assise si è pronunciata riguardo al caso del bracciante indiano Sumal Jagsheer, ucciso a bastonate il 30 ottobre 2021, mentre festeggiava la nascita del figlio, avvenuta in India. Il Pubblico Ministero aveva chiesto 191 anni complessivi di carcere per i sette imputati.
È arrivata qualche giorno fa la sentenza per quanto accaduto il 30 ottobre del 2021 a Latina, nella frazione di Borgo Montello. Quella sera, Sumal Jagsheer, ventinovenne indiano, stava festeggiando con i suoi amici la nascita di suo figlio.
Fino a quando un commando di uomini armati di spranghe e bastoni non ha fatto irruzione in casa sua, uccidendolo di botte e ferendo altre 10 persone, alcune delle quali finite in ospedale.
Secondo le indagini portate avanti dalla Squadra Mobile di Latina, si sarebbe trattato di una spedizione punitiva. Il movente? A quanto pare, il mandante della violenza era Singh Jiwan, 38 anni. L’uomo era infuriato perché Sumal aveva deciso di comprare le decorazioni per la festa in un altro negozio anziché nel suo.
L’accusa aveva chiesto per Jiwan 30 anni di carcere. Insieme a lui, erano finiti sotto processo altri sette uomini di nazionalità indiana: Singh Ranjit, Singh Surjit, Sohal Gurvinder Singh, Singh Harmandeep, Singh Devender e Singh Harinder.
Gli imputati erano accusati di porto illegale di pistola, concorso in omicidio volontario, lesione e rapina aggravata. Le richieste di condanne andavano dai 24 ai 30 anni di carcere.
Il Pubblico Ministero, Marco Giancristofaro, aveva chiesto 191 anni complessivi di carcere per i 7 imputati. Secondo quanto dichiarato dal PM, gli uomini sono arrivati armati e con l’intenzione di fare male, e si sono resi colpevoli di una spedizione punitiva gravemente violenta.
Per di più, hanno ostacolato le indagini rendendo dichiarazioni false quando interrogati. Inoltre, a motivo di precedenti per episodi simili non sussistevano i presupposti per eventuali attenuanti.
E così arriviamo al mese di luglio 2023, quando i 7 imputati hanno ricevuto una condanna complessiva pari a 133 anni di carcere. In questi 133 anni sono comprese 3 condanne a più di 25 anni, riservate al mandante Singh Jiwan e ad altri 2 esecutori.
In più, la Corte d’assise ha stabilito un risarcimento per i parenti della vittima. Condanne giuste, le quali però non colmeranno mai il vuoto lasciato da questa tragedia nella vita di un bimbo di ormai due anni, che non ha mai conosciuto il suo papà.
Le statistiche riguardanti i casi di persone uccise di botte in Italia rivelano una situazione allarmante. Nel corso degli ultimi anni, numerose tragedie simili hanno scosso la coscienza comune e riempito le cronache, evidenziando la persistente presenza di violenza fisica e aggressioni mortali.
Questi incidenti sono segni inquietanti di una società in cui la violenza trova ancora terreno fertile. Ma perchè continua ad accadere? Si tratta di una questione complessa e multifattoriale. Sono diversi infatti gli elementi che possono contribuire a questa triste tendenza.
Innanzitutto, una cultura di violenza e conflitti, spesso perpetuata dai media e dalle dinamiche sociali, può normalizzare comportamenti aggressivi e creare un ambiente favorevole all’uso della forza. Inoltre, situazioni di disagio sociale ed economico possono alimentare la frustrazione e la rabbia, spingendo alcune persone a scaricare le proprie tensioni attraverso l’aggressione fisica.
Il consumo eccessivo di sostanze psicoattive, come l’alcol e le droghe, rappresenta un altro fattore che può portare a raptus di violenza, poiché queste sostanze possono alterare il giudizio e disinibire di fronte a comportamenti aggressivi.
La crescente polarizzazione sociale e politica può anche contribuire a creare un clima di tensione e intolleranza, favorendo episodi di violenza tra gruppi o individui con opinioni contrastanti.
Quali che siano le ragioni dietro comportamenti simili, nulla può giustificare un atto di violenza così cruda e cieca. Le storie di vittime innocenti come Sumal Jagsheer, ammazzato di botte, continuano a richiamare la nostra attenzione su quanto sia urgente affrontare la cultura dell’aggressione e dell’intolleranza.
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