Bracconaggio, 30mila elefanti uccisi ogni anno per l’avorio

elefante

30mila elefanti uccisi ogni anno, in nome dell’avidità per le zanne d’avorio: sono numeri che non lasciano scampo quelli diffusi dall’Onu sul bracconaggio alla vigilia del Cites, il Comitato permanente della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione, che si riunirà a Ginevra il prossimo 15 gennaio, e a cui aderiscono 181 Stati. Nonostante gli sforzi internazionali, il traffico illegale alimentato dai cacciatori di frodo non conosce freni, ed è per questo motivo che il Wwf e altre associazioni ambientaliste chiedono maggiori sforzi per arginare il fenomeno, che non riguarda solo gli elefanti ed altri animali ‘preziosi’, ma che si estende anche ad altre specie, vittime della mera passione per la caccia alle specie esotiche di troppi occidentali, come dimostra la vicenda del leone Cecil che questa estate ha indignato milioni di persone in tutto il mondo.

Il dossier più urgente sul tavolo del Comitato resta comunque l’emergenza elefanti: oggi in Africa sono rimasti appena 470mila esemplari contro una popolazione stimata fra i 3 e i 5 milioni nel secolo scorso, decimata da cacciatori di avorio senza scrupoli. L’avorio è un materiale così prezioso che sul mercato nero viene valutato fino a 3mila dollari al chilogrammo: 30mila elefanti uccisi sono pari a 70 esemplari l’anno, un vero e proprio eccidio. Gli esperti dovranno analizzare i progressi raggiunti nell’attuazione dei Piani d’azione nazionali sull’avorio da parte dei 19 Stati interessati, e secondo gli ambientalisti, fatta eccezione per alcune nazioni, nella maggior parte dei casi vi sono ritardi inaccettabili che sono responsabili della situazione attuale. Per questo il Wwf chiede alla Cites di adottare ‘una pressione supplementare sui Paesi più pesantemente coinvolti nel commercio‘, e la stessa situazione degli elefanti è vissuta dai rinoceronti, da decenni a rischio estinzione, sempre per l’avorio presente nei loro corni.

La richiesta è talmente elevata che sul mercato asiatico il prezzo del corno di rinoceronte raggiunge i 120mila dollari al chilo, e in Sudafrica le uccisioni hanno superato quota mille per il terzo anno consecutivo. All’attenzione del Cites, oltre che le altre specie nel mirino delle doppiette dei cacciatori, come il ghepardo e il pangolino, vi sono ulteriori urgenze ambientali, come il commercio illegale di legname del Madagascar, in particolare ebano e palissandro, che ha raggiunto cifre paragonabili al commercio di avorio. Il problema del bracconaggio, pur con dimensioni diverse, è una criticità che riguarda anche i Paesi europei, come dimostrano ad esempio i dati del recente monitoraggio sulla condizione dei lupi in Italia, a dimostrazione che bisogna sempre tenere la guardia alta e che nemmeno la migliore legislazione possibile è immune dalle minacce della caccia illegale. A maggior ragione si pretende massima attenzione quando il bracconaggio riguarda specie sempre sul filo dell’estinzione come i rinoceronti o gli elefanti del continente africano.

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