Il presidente brasiliano Lula ha accusato il predecessore Bolsonaro e il governo da lui guidato di aver commesso un genocidio nei confronti della popolazione di indigeni che vive in Amazzonia.
Secondo il ministro della Giustizia, le autorità sotto la gestione Bolsonaro avrebbero fatto mancare di proposito l’assistenza medica e nutrizionale alle popolazioni Yanomami. La conseguenza dell’inazione avrebbe così portato alla morte dei bambini.
La polizia federale del Brasile ha aperto un’indagine con l’ipotesi di genocidio della popolazione degli Yanomami, dopo che quasi 100 bambini, appartenenti al gruppo di indigeni, hanno perso la vita. A renderlo noto è stato il ministero della Giustizia.
L’avvio dell’indagine è stato annunciato dopo che un report governativo, pubblicato sabato scorso, aveva rivelato di aver scoperto che ben 99 bambini, tutti con meno di cinque anni, sono morti l’anno scorso a causa di malnutrizione, polmonite e malaria. I minori vivevano nella più grande riserva indigena del Paese.
Alla CNN in Brasile il ministro della giustizia Flavio Dino ha dichiarato: “Ho deciso di aprire una nuova indagine di polizia per scoprire (se sia stato commesso, ndr) il genocidio“. “Stiamo prendendo in seria considerazione il fatto che ci sono forti indizi di trascuratezza nell’assistenza nutrizionale e sanitaria per le popolazioni indigene, c’è stata intenzionalità”, ha aggiunto il ministro.
Nell’inchiesta sarà valutato l’operato e anche le eventuali mancate azioni delle autorità e dei funzionari del sistema sanitario pubblico in territorio indigeno degli Yanomami. Non è esclusa nemmeno l’ipotesi di possibili crimini ambientali.
Dopo aver scoperto delle decine di morti tra gli infanti, le autorità brasiliane la scorsa settimana si sono recate nella riserva per un’ispezione e, come ha fatto sapere il ministro Dino, hanno trovato ulteriori casi di bambini malati. Le cause sono sempre da attribuire a malnutrizione, malaria, infezioni alle vie respiratorie e altre complicazioni legate alla salute.
Su Twitter il neoeletto presidente brasiliano Lula solo pochi giorni fa aveva descritto come “disumane” le condizioni di vita degli indigeni, dopo aver fatto visita a una comunità che si trova nello stato di Roraima, a nord della foresta amazzonica.
“Più che una crisi umanitaria, quello che ho visto a Roraima è stato un genocidio. Un crimine premeditato contro gli Yanomami, commesso da un governo insensibile alle sofferenze del popolo brasiliano”, il pensiero di Lula espresso sulla piattaforma social. Il riferimento è un’accusa per niente velata alla passata gestione del rivale Bolsonaro. L’ex presidente del Paese sudamericano non ha mai fatto mistero di voler smantellare l’Amazzonia – non curante dunque delle popolazioni che tutt’oggi vivono nel vasto territorio – per sfruttarne le risorse naturali a fini commerciali e a danno ovviamente di indigeni, ambiente, flora e fauna.
Il territorio abitato dagli Yanomami si estende per 96mila chilometri quadrati tra lo stato di Roraima e l’Amazzonia. Nella vasta area ci vivono tutt’ora oltre 30mila indigeni.
Gli indigeni, oltre che a vivere in condizioni precarie, sono minacciati da minatori illegali che commettono violenze di ogni tipo sulla popolazione, da stupri a uccisioni anche di bambini. Inoltre la presenza di minatori ha causato l’inquinamento ambientale della zona, aumentando anche la presenza di virus tra tubercolosi e Covid-19.
Una volta in carica, Lula ha istituito un dipartimento per affrontare le difficoltà di questa popolazione, stravolgendo l’approccio usato in precedenza da Bolsonaro. Tra le questioni urgenti c’è sicuramente l’emergenza sanitaria dichiarata nella zona.
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