Dopo l’assalto alle istituzioni in Brasile attuato dai sostenitori dell’ex capo di Stato Bolsonaro, le indagini sono proseguite e hanno fatto emergere una situazione ben organizzata e architettata, coordinando forze dell’ordine e manifestanti d’accordo nel rovesciare la carica del nuovo presidente Lula. Tutto questo con lo scopo di ridare potere al leader di destra sconfitto da l’oppositore di sinistra. Emerge dal Washington Post che e i funzionari di Lula, presente all’interno durante il tentato colpo di Stato, hanno chiaramente sentito funzionari e poliziotti limitare l’intervento delle forze dell’ordine nell’arrestare i dissidenti pro Bolsonaro.
Le indagini stanno rivelando ciò che era apparso inizialmente improbabile agli esperti di politica, sia interni che esterni al Brasile. Questo emerge chiaramente anche dai recenti arresti di Anderson Torres che è stato accusato dopo aver rinvenuto all’interno della sua abitazione un documento che era, in sostanza, un tentativo per provare a livello istituzionale per porre fine all’insediamento di Lula.
Come sopra citato gli osservatori politici all’interno del Brasile, ma anche quelli più autorevoli internazionali, non avevano preso sul serio la possibilità di un reale assalto alle istituzioni, nonostante fosse chiaro che nel momento in cui si è appreso che Bolsonaro aveva perso contro la sinistra, i sostenitori di ultradestra avevano cominciato a organizzare manifestazioni e blocchi stradali, che hanno messo a soqquadro il Paese e il tutto incitato dagli sconfitti che non hanno accettato di aver perso.
Dopo aver distrutto ogni cosa all’interno del Congresso del Brasile è occupato gli spazi del palazzo presidenziale e della Corte Suprema sono stati allontanati dalle forze di sicurezza brasiliane. Gli insurrezionalisti sono poi confluiti in un luogo che, per loro, è diventato una sorta di santuario ovvero il prato fuori dal quartier generale dell’esercito nazionale.
Come precisato poc’anzi dal momento in cui Lula ha vinto le elezione è proprio il Bolsonaro si sono accampati in questo luogo per protestare contro l’insediamento del neo eletto. I sostenitori, come lo stesso Bolsonaro, non hanno accettato la sconfitta e hanno più volte chiesto l’intervento dell’esercito per organizzare un colpo di Stato che riuscisse a far restare al potere il leader di destra.
Nel momento in cui Lula è arrivato insieme alla sua amministrazione e alle forze militari davanti al Parlamento e, soprattutto davanti al quartier generale dell’esercito, con lo scopo di arrestare gli insorti nel campo si è trovato di fronte tre linee di militari più forze da terra corrazzate.
Quando il ministro della Giustizia Flavio Dino ha avuto modo di parlare con il comandante dell’esercito brasiliano Julio Cesar de Arruda è successo qualcosa di incredibile che mostra chiaramente, però, la posizione delle forze di polizia. L’alto comandante ha detto chiaramente al nuovo ministro: “non arresterete le persone qui”. Questa frase è stata sentita da due funzionari presenti al momento dell’incontro.
Questo è chiaramente un atto di protezione dovuto dall’organizzazione Bolsonaro ai manifestanti che hanno preso parte al colpo, guidati dal piano superiore proveniente direttamente dai piani alti brasiliani. Una mossa che ha dato il tempo a centinaia di rivoltosi di fuggire all’estero e che fa emergere la volontà di portare dalla propria parte i funzionari militari e di polizia per rivoltarsi contro la democrazia brasiliana. Qualcosa di inaccettabile e che ha definitivamente tracciato l’accaduto come un tentato colpo di Stato organizzato, nonostante per alcune persone non sia un reale tentato golpe.
Ciò che è successo, in poche parole, e che Bolsonaro non ha attuato in prima persona il colpo di Stato ma ha fomentato e ha aizzato gli animi dei suoi sostenitori utilizzando la sua organizzazione politica per provare a rovesciare il risultato elettorale presidenziale. Non non vuol dire che sia un fatto non si è compiuto in prima persona non si possa attribuire alla responsabilità del leader e degli alleati che avevano in mano il potere prima dell’insediamento ufficiale di Lula.
Indicazioni date dagli organizzatori e azioni attuate per facilitare l’assalto alle istituzioni comprende anche indicazioni ovviamente tenute nascoste, ma che includono un cambiamento del piano di sicurezza prima che manifestanti si riunissero fuori dagli edifici, poi assaltati. Tra le notizie emerse dal Washington Post si menziona anche la fraternizzazione con la polizia e soprattutto un alto funzionario militare presente nonostante avesse dichiarato di essere in vacanza all’estero.
Il Washington Post ha raccolto più di 20 testimonianze che mettono in luce le differenti opinioni di chi ha preso parte a questo evento, sia dalla parte della sinistra di Lula che da quella di organizzatori sostenitori di bolsonaro di destra. In tutto ciò invece il comando militare brasiliano non ha risposto alle domande e alla richiesta di precisazioni.
Ovviamente le autorità competenti stanno portando avanti minuziosamente le indagini per identificare gli organizzatori e, anche, chi ha mandato i messaggi sui social media. Messaggi che invitavano alla manifestazione ma soprattutto ai donatori, ancora non noti del tutto virgola che hanno finanziato l’operazione dei pro Bolsonaro in Brasile.
La prima cosa che è emersa dalle indagini preliminari e che già prima di domenica i militari avevano impedito alle istituzioni e alle autorità di sgomberare il campo bolsonarista all’interno del comando militare, la notizia era emersa direttamente dall’ex comandante della polizia militare del distretto federale di Brasilia Vieira che poi, però, è stato arrestato con l’accusa di aver favorito all’insurrezione dei soste Soliti destra e di averne anche facilitato l’accesso alle istituzioni.
I proporzionare hanno fatto irruzione negli edifici governativi posti in Piazza dei Tre Poteri a Brasilia e virgola come sopra citato hanno distrutto qualsiasi cosa si trovasse davanti a loro. Rubando armi, distruggendo dipinti, prendendo a documenti e trofei.
Stando a quanto hanno rivelato i funzionari dell’amministrazione, sia presenti che non, lo scopo del colpo oltre che la mera distruzione era quella di far scattare una legge militare che a causa dei disordini sarebbe potuta entrare in vigore per ristabilire l’ordine nella capitale Brasilia.
Le indagini ovviamente hanno coinvolto anche la figura chiave dell’ex capo di Stato Bolsonaro e dell’amministratore della sicurezza di Brasilia Anderson Torres ex ministro della Giustizia del leader destra.
Dopo la conclusione della rivolta e aver ripreso le istituzioni a pieno potere da sinistra ha iniziato immediatamente le indagini e le autorità hanno trovato nell’abitazione dell’ex ministro Torres un decreto che dichiarava lo stato di difesa e serviva per l’appunto a provare a ribaltare la vittoria elettorale di luna.
Gli inquirenti hanno ipotizzato, a seguito delle notizie emerse durante l’inchiesta, che il documento sia stato redatto tra il 13 e il 31 dicembre quando bolsonaro era ancora capo di Stato punto.
Anderson Torres si trovava in Florida nel momento in cui è avvenuta l’insurrezione che ha portato poi all’assalto alle istituzioni e, in merito al documento trovato nella sua abitazione, ha riferito che si trattava di un documento, del quale erano consapevoli e che non avrebbe trovato riscontro governativo e pertanto era destinato ad essere cestinato.
L’ex ministro Torres ha negato ogni coinvolgimento in merito all’assalto al Parlamento e a fatto ritorno, dopo richiesta del governo brasiliano, dagli Stati Uniti ma ad attenderlo a Brasilia c’era la polizia federale, che lo ha tratto in arresto preventivo dato le indagini in corso dopo la caduta di domenica scorsa.
Sono anni che Bolsonaro e i suoi alleati di destra insinuano dubbi e cattiveria infondata in merito al sistema elettorale brasiliano e hanno definito inoltre Lula un ladro, in modo da alimentare la convinzione nei sostenitori di destra che il neo eletto aveva sicuramente utilizzato brogli sotterfugi per essere arrivato al potere. Nonostante queste affermazioni la vittoria del presidente Lula è stata confermata dalla Corte elettorale brasiliana e anche dalle autorità internazionali.
Bolsonaro ha permesso poi di effettuare la transizione dei poteri ma non ha mai accettato, il risultato elettorale e ha fomentato la convinzione che sia stato tutto un piano per destituire la destra dal comando.
Il 30 dicembre il presidente uscente ha definito ingiusto il risultato elettorale e ha, poi, preferito non essere in Brasile durante la cerimonia no che ufficializzava all’inizio del mandato di Lula ma ha deciso di volare negli Stati Uniti ad Orlando in Florida dove si trova ancora attualmente.
Ovviamente quando sono cominciate le rivolte bolsonaro ha mantenuto il massimo riserbo ed è stato in silenzio per poi intervenire affermando di essere dispiaciuto per l’accaduto e condannandolo.
L’alta Corte brasiliana ha colto venerdì una petizione dei pubblici ministeri per indagare direttamente sull’ex capo di Stato bolsonaro come parte integrante delle indagine con l’accusa di aver istigato gli autori intellettuali dietro la rivolta.
Il presidente Lula ha affermato che: “C’erano molti agenti conniventi. C’erano molte persone conniventi dalla polizia militare. Un sacco di persone conniventi dalle forze armate. Sono convinto che la porta sia stata aperta per far entrare queste persone perché non c’è nessuna porta rotta. Cioè, qualcuno ha facilitato il loro ingresso qui.”
Nel momento in cui il nuovo presidente è rientrato dal suo viaggio nella periferia di San Paolo, che era stata colpita da inondazioni, ha riunito l’amministrazione statale ed è riuscito a quel punto a far irruzione nel campo allestito. Questo soltanto dopo l’ordine in presenza di Lula ma non prima che arrivassero le sei del mattino. Sembra che questo abbia dato la possibilità ai funzionari dell’amministrazione precedente di avvisare parenti e amici di lasciare la zona ma anche la regione.
La polizia è protagonista delle accuse in questa indagine dato che ha portato avanti false informazione è il ruolo dei militari e spesso utilizzato da le organizzazioni di destra per attuare piani che altrimenti soltanto con la politica non troverebbero il successo sperato.
Gli inquirenti stanno lavorando 24 ore su 24 per rintracciare tutti gli autori dei post sui social media, che invitavano i pro Bolsonaro a radunarsi e a fermarsi a Brasilia. Ma anche a portare alla luce tutte le attività legate alle organizzazioni degli autobus, che hanno permesso ai manifestanti di raggiungere la capitale e si stanno vagliando ben 1300 telefoni sequestrati ai pro Bolsonaro.
Le autorità brasiliane hanno rivelato che stanno indagando sul legame tra gli interessi finanziari agroalimentari del Brasile che bolsonaro ha sempre sostenuto mentre era in carica e che, quanto pare, sono serviti a finanziare la spedizione punitiva dei sostenitori di destra.
Cerchie dalle quali emerge il sospetto verso società di medie dimensioni legate alla deforestazione illegale, che fiorì decisamente e in modo esponenziale, sotto il mandato di Bolsonaro. Le indagini stanno procedendo e emerge inoltre che per esempio uno degli arrestati durante il tentato colpo al Parlamento proviene dallo stato del Parà, nella regione amazzonica dove ha deciso di far prosperare Bolsonaro il business illegale.
Si apprende che molto partecipanti all’assalto sono stati coinvolti in questa insurrezione, da funzionari statali e le persone scelte lavorano proprio nel settore agroalimentare ma, ovviamente, al di fuori dalla legge. Questo è stato comunicato direttamente dal nuovo ministro della Difesa Flavio Dino.
Che ha precisato inoltre che: “Quelli che occupano terre indigene, suolo pubblico, contrabbandano pesticidi, fertilizzanti. Persone che operano nell’estrazione illegale. Questo è il segmento che apparirà.”
Sono emerse grazie al Washington Post diverse testimonianze che confrontano le opinioni di una parte politica ma anche dell’altra.
Rodrigo Jorral di 44 anni, possiede un’azienda turistica a Florianópolis, la capitale dello stato di Santa Catarina, sulla costa meridionale del Brasile. Si era appena recato a Brasilia per protestare contro l’inaugurazione di Lula, quando ha iniziato a ricevere messaggi su un altro viaggio. Alcuni provenivano da numeri di telefono statunitensi, con prefissi della California e della Florida con scritto: “Vai a Brasilia?”
I membri dei suoi gruppi WhatsApp locali pro-Bolsonaro, alcuni dei quali si erano riuniti per uno sciopero dei camionisti nel 2018, sapevano che possedeva un autobus. Ha iniziato a rispondere ai messaggi con una risposta taglia e incolla.
Dopo che Bolsonaro ha annunciato che sarebbe andato all’estero, hanno sentito di “dover cambiare strategia” ha detto Jorral, parlando a condizione di anonimato per discutere la delicata questione.
Ha spiegato in sostanza che: “Avevano bisogno di separare gli uomini dai ragazzi. Solo gli uomini che potrebbero agire di conseguenza dovrebbero venire a Brasilia.”
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