In Brasile stanno proseguendo le indagini degli inquirenti riguardanti l’assalto alle istituzioni attuato dai sostenitori di Bolsonaro l’8 gennaio. Il presidente Lula ha licenziato diverso militari addetti alla sicurezza del gabinetto istituzionale. La Corte Suprema federale, invece, ha respinto la richiesta del legale dell’ex ministro Torres riguardo l’habeas corpus.
Una situazione molto delicata ha investito il Brasile in pieno e ha gettato la popolazione nel caos. Ormai, da mesi, la tensione era già alle stelle e i cittadini hanno manifestato, fin dal momento in cui le elezioni presidenziali sono state vinte al ballottaggio dal neo eletto Lula, che ha sconfitto il suo predecessore Jair Bolsonaro, malcontento e nervosismo. I cittadini brasiliani hanno dimostrato un’insolita partecipazione politica a questa sfida presidenziale, ma anche tra destra e sinistra. Questo è emerso chiaramente già ai tempi della campagna elettorale, che ha preceduto il primo turno alle urne.
La situazione è degenerata e si sono create fazioni in contrapposizione politica che hanno dato vita a scontri e tumulti, già nei mesi precedenti il voto. Quando, però, il presidente uscente Bolsonaro è stato sconfitto si sono sviluppate proteste accese, contro l’esito elettorale. Il Paese è stato invaso da blocchi stradali che hanno causato danni ingenti all’economia brasiliana, già estremamente fragile.
L’attacco alla sede delle istituzioni dei pro Bolsonaro in Brasile è stato un evento simile alla presa di Capitol Hill avvenuta nel gennaio 2020 negli Usa per mano dei sostenitori di Trump. Anche in quell’occasione i sostenitori di destra non hanno accettato l’esito delle elezioni, come accaduto del resto in Brasile e hanno provato a evitare l’insediamento dei nuovi leader eletti democraticamente.
Una sorta di nuovo metodo utilizzato per cercare di andare contro al percorso costituzionale che, come poi emerso, parte da un piano organizzato direttamente dai piani alti degli sconfitti.
Bolsonaro ha deciso, inaspettatamente, di lasciare il Brasile per raggiungere gli Stati Uniti e più precisamente in Florida. Questo ha sollevato molte domande ma, dato l’astio che intercorre da vecchia data tra l’ex capo di stato e il nuovo presidente, il pensiero collettivo era quello che lo sconfitto non volesse presenziare alla cerimonia ufficiale del passaggio dei poteri che prevede il passaggio dal presidente uscente al nuovo capo di stato.
Da più di un mese, però, era evidente la grande tensione dei sostenitori di destra, che si sono accampati davanti al quartier generale militare, che si trova non molto distante dalla zona dove si trova il parlamento, per protestare contro Lula.
L’8 gennaio, poi, una marea di sostenitori di Bolsonaro hanno invaso Brasilia e messo a soqquadro gli edifici istituzionali. Una vera e propria guerriglia, che ha da subito sollevato domande e dubbi, in quanto le immagini mostravano un misero cordone di polizia a difesa del Parlamento, rispetto alle migliaia di persone che erano confluite da ogni parte del Brasile.
È stato necessario inviare due elicotteri che hanno sfollato i manifestanti, con lacrimogeni e proiettili di gomma, dato che non volevano lasciare l’area, nemmeno dopo essere stati fatti uscire dagli edifici statali. Lunghe ore in cui il caos ha preso il sopravvento.
Quando il presidente Lula è rientrato da San Paolo, si è trovato davanti devastazione e distruzione e i danni, stimati successivamente, ammontano a oltre un milione. Sono iniziate immediatamente le indagini dei inquirenti per capire chi ha finanziato e ideato la spedizione punitiva e la prima cosa che ha criticato il presidente è stata la scarsa prontezza della polizia.
Il primo coinvolgimento emerso nel tentato colpo di stato è stato, per l’appunto, quello della polizia di Brasilia accusata di aver facilitato l’assalto lasciando passare i manifestanti e ritardando gli interventi successivi.
In tutto ciò Bolsonaro e il suo braccio destro ovvero l’ex ministro della giustizia Torres si trovavano negli Usa.
Il coinvolgimento di Anderson Torres è parso subito evidente e durante una perquisizione, nelle proprietà del politico di destra, è emerso un documento che invocava una sorta di stato di emergenza mai firmato o consegnato che comunque non avrebbe trovato esito positivo da parte delle autorità brasiliane. Sono emerse poi oltre 100 aziende responsabili di aver sovvenzionato i pullman carichi di pro Bolsonaro ma, anche, di aver garantito monetariamente alle esigenze quotidiane dei manifestanti accampati.
Dopo essere stato invitato a tornare in Brasile Torres ha deciso di non presentarsi e, a quel punto, è emerso che se non fosse tornato entro lunedì 16 sarebbe stata chiesta la sua estradizione dagli Usa. Lunedì l’ex ministro ha fatto rientro a Brasilia e ad aspettarlo ha trovato la polizia federale, dato il mandato che pendeva sulla sua persona.
Man mano che le indagini proseguono fanno, ovviamente, luce sull’assalto alle istituzioni in Brasile e fioccano le condanne per le forze armate brasiliane. Dopo aver preso parte direttamente alle indagini e verifiche sul tentato golpe Lula, il neo presidente della Repubblica, ha deciso di licenziare altri 13 soldati che erano parte della sicurezza destinata al Gabinetto istituzionale o Gsi.
Il capo di stato ha duramente attaccato i militari che hanno permesso che il colpo venisse messo a segno e ha precisato che avrebbe fatto tutto il possibile per punirli.
La Gazzetta ufficiale dell’Unione ha pubblicato oggi i nomi dei 13 militari licenziati dal presidente. Si evince che erano impiegati in luoghi diversi ovvero alcuni erano destinati alla sicurezza al Planalto mentre altri lavoravano in un dipartimento del Gsi a Rio de Janeiro. Luogo dove abita, ormai abitava, Bolsonaro.
Nella giornata di ieri sono emersi i nomi di altri 40 addetti alla sicurezza dal Palacio da Alvorada, la residenza ufficiale del presidente a Brasilia. Luogo trovato da Lula e dalla moglie completamente rovinato e svuotato dopo la partenza del presidente.
Un momento difficoltoso per quanto riguarda le istituzioni e le forze di polizia brasiliane. La diffidenza dilaga e il nuovo esecutivo deve riuscire a trovare un equilibrio che vada a stabilire nuovamente equilibrio e fiducia.
Il ministro della Casa civile Rui Costa ha spiegato che Lula ha in programma di incontrare in settimana gli alti ranghi delle forze militari ovvero marina, aeronautica ed esercito.
Si apprende, anche, che il ministro della Difesa Monteiro ha pranzato con i vertici militari per tentare di distendere i rapporti e placare le tensioni attuali.
Il ministro Ricardo Lewandowski della Corte Suprema Federale ha negato, mercoledì 18, l’habeas corpus che chiedeva sostanzialmente un salvacondotto per l’ex presidente Bolsonaro e per l’ex Segretario della Pubblica Sicurezza per il Distretto Federale Torres.
L’avvocato Klomfahs, il medesimo che ha chiesto la scarcerazione dei detenuti arrestati durante il colpo di stato presso il Tribunale militare superiore ha avanzato la richiesta per i per conto dei due leader. Il ministro ha spiegato e sottolineato, però, che non è possibile richiedere l’habeas corpus per terzi soggetti che hanno già avvocati implicati in indagini che sono al vaglio del tribunale.
Lewandowski ha, anche, ricordato che la Corte Suprema non consente l’habeas corpus contro l’atto dei ministri o collegiale della STF. Martedì 17 con le stesse motivazioni sono state rifiutate due richieste di rilascio per manifestanti che hanno preso parte all’attacco.
Questa mattina, 18 gennaio, si è tenuta la testimonianza di Torres che, però, non ha risposto alla polizia federale in merito all’assalto alle istituzioni brasiliane. La scelta di rimanere in silenzio, poi confermata dalle autorità, dimostra una, almeno iniziale, poca collaborazione.
L’interrogatorio è stato eseguito da Alexandre Camões Bessa ed è durato circa un’ora ma le uniche parole pronunciate, stando a quanto riportato da Politico, sono state per l’appunto che non aveva nulla da dichiarare.
Stando sempre alle notizie emerse Torres avrebbe pensato, inizialmente, di negare il suo coinvolgimento riguardo ai fatti e negare di esserne addirittura a conoscenza. La sua cerchia di avvocati però avrebbe consigliato al politico di evitare questa strategia che avrebbe aumentato il malcontento e peggiorato la situazione.
De Moraes, magistrato della Corte Suprema federale, sta attualmente analizzando i 1.459 verbali di udienze di custodia dei manifestanti, arrestati per atti terroristici a Brasilia. Il magistrato ha liberato 60 persone applicando però misure cautelari mentre ha convertito 140 arresti in arresti preventivi.
Moraes ha spiegato che per le custodie cautelari sono state trovate prove di reati collegati ad atti terroristici compresi atti preparatori. Ma anche associazione a delinquere e istigazione alla criminalità.
Entro il 20 gennaio la Corte Suprema federale dovrebbe aver vagliato attentamente tutti i verbali e decidere la sorte, in base alle prove emerse, dei presenti all’assalto alle istituzioni in Brasile.
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