Arrivano dal Camerun, ma anche dalla Nigeria e dal Sudafrica e portano con sé storie di dolore e mutilazioni. Una di queste è chiamata breast ironign, letteralmente stiratura del seno: una pratica comune nei paesi africani che, come le altre mutilazioni genitali femminili, ha valicato i confini del Continente Nero ed è giunta in Europa. Secondo un rapporto dell’Onu, nel mondo ci sono 3,8 milioni di donne che lo subiscono: ragazzine dagli 11 ai 15 anni vengono sottoposte a questa pratica per appiattire il seno, renderlo invisibile agli uomini, con tecniche primitive, da fasciature che non lasciano respirare alle pietre calde. I risultati sono visibili sul corpo delle donne per tutta la vita, ma sono le ferite dell’anima, quelle che non si vedono, a fare più male.
La pratica del breast ironing consiste nel cercare di appiattire il seno non appena inizia lo sviluppo. A farlo sono nel 58% dei casi (dati Onu) le madri, con un solo scopo: difendere le figlie dalle insidie della vita adulta che, in quei Paesi, significa spesso violenza sessuale, matrimoni combinati e l’annullamento della propria esistenza. Non è una questione religiosa o tradizionale: è il metodo con cui le madri cercano di rallentare la crescita sessuale delle figlie. Si vuole evitare che vengano notate dagli uomini o che vengano chieste in sposa mentre vanno ancora a scuola. Le leggi di alcuni Paesi stabiliscono che il matrimonio può essere contratto appena la donna è in età sessuale: lo sviluppo del seno è un chiaro segno della crescita, anche se inizia a dieci anni.
Così, oggi il breast ironing viene praticato anche su bambine di nove, dieci anni. Si fascia il seno, si mettono pietre o pezzi di legno caldi in modo da comprimere la ghiandola mammaria. Ci vuole molto tempo e si ottiene solo di ritardare una cosa naturale come lo sviluppo: il seno cresce comunque, spesso malformato. In compenso, le giovani subiscono ustioni, danni alle ghiandole, oltre a una sofferenza psicologica che non le abbandona più.
Vice France e il fotografo Gildas Paré ha dedicato alle vittime del breast ironing un reportage che è come un pugno nello stomaco. Le donne vengono ritratte con i seni schiacciati, con le cicatrici esteriori ben visibili, mentre nel testo si leggono testimonianze delle loro sofferenze.
C’è Gaelle, 26 anni, che si vergogna del suo corpo e tiene la fascia quando fa sesso con il suo ragazzo; Emanuelle, 23 anni, non è riuscita ad allattare i figli per i danni che ha riportato alle ghiandole, anche se venivano pizzicate da formiche (che avrebbero dovuto stimolare la produzione di latte e invece causavano solo altre infezioni). Manuella, 9 anni, si lamenta della fasciatura così stretta che non la fa respirare e non capisce peché sua mamma le faccia questo.
Come tutte le mutilazioni, il breast ironing vuole annientare la donna nella sua femminilità: sarebbe ora che venisse eliminata questa pratica brutale, insieme a tutte le altre che offendono il corpo e l’anima delle donne.