Omicidio Mario Bozzoli, secondo il pubblici ministeri di Brescia, è stato il nipote Giacomo ad uccidere lo zio. Chiesto l’ergastolo.
Una colpa che andrebbe contro ogni ragionevole dubbio. Dunque i pm Silvio Bonfigli e Marco Martani hanno individuato in Giacomo Bozzoli l’assassinio di Mario. Il cadavere dell’imprenditore era svanito nel nulla nell’ottobre del 2015. Secondo l’accusa fu distrutto nel forno della fonderia.
E’ stato individuato in Giacomo Bozzoli, imputato alla corte d’Assise, il colpevole della sparizione del corpo e dell’omicidio di Mario. Lo zio, imprenditore scomparso nel nulla l’8 ottobre 2015, sarebbe stato ucciso dunque dal nipote e il corpo sarebbe stato distrutto nella fonderia di cui Bozzoli era proprietario.
E’ la tesi del procuratore aggiunto Bonfigli, il quale ha chiesto l’ergastolo per Giacomo. Inoltre, l’accusa ha parlato anche della morte di Ghirardini, responsabile del forno, trovato morto pochi giorni dopo la scomparsa di Mario. L’uomo si sarebbe tolto la vita per rimorso, secondo i pubblici ministeri. L’operaia della fonderia era stato trovato senza vita dopo l’avvelenamento da due capsule di cianuro, nei pressi dei monti di Ponte di Legno.
Ma anche altri operai, oltre a Ghirardini, Maggi e Abu avrebbe avuto un ruolo attivo nella fase della istruzione del corpo. Loro erano presenti e hanno collaborato, continua nella sua tesi l’accusa.
L’accusa si è ritenuta certa del fatto che il corpo di Mario Bozzoli sia stato “distrutto nel forno della fonderia“. La spiegazione è arrivata dopo una lunga requisitoria.
Erano stati effettuati anche dei test giudiziali con il corpo di un animale, un maiale, per verificare che condizioni esterne si verificassero con la bruciatura di un corpo, lo scorso 27 aprile. Esperimento per il quale fuori dalla fonderia Gonzini a Provaglio di Iseo, nel bresciano, c’erano state delle proteste da parte delle associazioni animaliste. Ma che riuscì in qualche modo a dimostrare la tesi dell’accusa.
I figli dell’imprenditore, la sera dell’8 ottobre si erano infatti recati in fonderia per cercare il padre alle 23,30. In quel lasso di tempo la cappa avrebbe avuto tutto il tempo di assorbire l’odore acre, grazie anche ai potenti sistemi di areazione e alla portata del forno, più grande di quello utilizzato per l’esperimento.
Tesi dell’accusa che oggi dipinge Giacomo come violento e “prevaricatore”. Tra i moventi l’odio nei confronti dello zio, e la voglia di ucciderlo. Un assassinio pianificato da anni “nei minimi dettagli” continuano i pm, che è culminato con l’uccisione poi dell’imprenditore e il disfacimento del suo corpo nel forno.
Movente “covato per anni”, secondo l’accusa che chiede la trasmissione degli atti in procura anche per gli altri due operai, per falsa testimonianza.
La sentenza si aspetta già per venerdì sera, mentre domani sarà la volta della difesa. Prima di riunirsi in camera di consiglio, la Corte potrebbe intervenire con eventuali repliche dopo la risposta della difesa dell’imputato.
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