Da marzo 2019 la Brexit entrerà nel vivo con lo stop alla libera circolazione dei cittadini UE in Gran Bretagna. A dirlo è il portavoce di Theresa May che chiude, almeno per il momento, qualsiasi spiraglio per un’uscita soft dall’Unione Europea, come invece avevano ipotizzato altri membri del governo. La data è quella della fine dei negoziati tra UE e UK, termine entro cui si dovranno chiudere le trattative. Il passaggio è dunque importante perché conferma la linea dell’hard Brexit, cioè dell’uscita netta del Regno Unito dalla Comunità Europea, mentre solo qualche giorno fa era trapelata una proposta di allungare i tempi con una fase di transizione di 3 anni dopo il 2019, come ipotizzato dalla ministra degli Interni Amber Rudd. Resta ancora da capire se dopo quella data, i cittadini europei dovranno tornare a usare il passaporto per recarsi in terra britannica.
Nessun passo indietro dunque per il governo di Theresa May che aveva già chiarito di voler portare a termine l’uscita netta dall’Unione Europea. Le sue dichiarazioni ufficiali erano però state offuscate dalle prese di posizione di alcuni membri di spicco del governo, come il Cancelliere dello Scacchiere (l’equivalente del nostro ministro dell”Economia) Philip Hammond, fautore di una “soft Brexit“, tanto da aver dichiarato che “molte cose sarebbero restate simili il giorno in cui avrà inizio la Brexit“.
Dello stesso avviso la ministra Rudd che aveva ipotizzato un periodo di transizione di tre anni dopo il 2019, termine ultimo per le trattative.
Lo scontro rischia di indebolire Downing Street, uscito meno forte del previsto dalle ultime elezioni in Gran Bretagna, mentre gli accordi con l’Unione Europea si stanno dimostrando più difficili del previsto, in particolare sui diritti dei cittadini UE già residenti nel Regno Unito (tra cui 3 milioni di italiani).
May ha già assicurato che i loro diritti saranno garantiti e che nessun cittadino europeo dovrà lasciare la Gran Bretagna dopo la Brexit, ma ha anche chiarito che non intende cedere sulla competenza della Corte europea di Giustizia negli eventuali litigi in questo campo, sottolineando il ruolo dei “molto rispettabili tribunali” britannici. I Ventisette invece vogliono che sia di competenza della Corte europea di Giustizia e su questo punto la battaglia si annuncia molto aspra.
Non bastassero le difficoltà col partner europeo, May si trova a dover affrontare fronde interne al governo che insistono su un’uscita morbida. Nel giorno dell’annuncio per la fine della libera circolazione, Hammond ha invece ribadito in un’intervista a Le Monde che il Regno Unito rimarrà “riconoscibilmente europeo” e ha negato l’intenzione di trasformare il Paese in una sorta di paradiso fiscale.
“Nessun accordo è meglio di un pessimo accordo“, hanno invece ribadito i portavoce del governo, riportando lo slogan della campagna elettorale di May e sottolineando che per “un buon accordo tra la Gran Bretagna e l’UE siamo sulla buona strada“.
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