Bullismo in cucina: quando lo chef diventa un aguzzino

Bullismo in cucina: il tema è più attuale di quanto non si pensi. Di per sé lavorare ai fornelli è un mestiere durissimo. I cuochi sono esposti a fumi, ustioni, tagli e infortuni di ogni tipo. In più nelle ore di maggiore afflusso il lavoro diventa frenetico. Non stupisce scoprire che ansia, nervosismo e stress si traducano in atteggiamenti aggressivi e intimidatori. Lo chef pluristellato René Redzepi ha fatto outing dalle pagine della rivista Lucky Peach accendendo i riflettori sul problema: “Ho urlato, ho spinto, ho mandato a casa le persone. Una sera ho passato il limite, ho trattato malissimo una ragazza della brigata. E ho capito che dovevo smettere”. Perché il problema è così diffuso? Esiste poi il rischio che per un puerile sentimento di imitazione uno chef decida di replicare nella sua cucina le sfuriate di Gordon Ramsay e Bruno Barbieri? Abbiamo raccolto il parere dello psichiatra Michele Cucchi.

Questa situazione è tipica e frequente nei contesti in cui esiste una forte gerarchia fra gli arrivati e le “spine”, le nuove entrate; chi arriva non ha alcun diritto e deve sottostare alle regole dei “vecchi”, quelli che avrebbero già fatto la trafila che porta dalla stalla alle stelle: la gavetta.
Non c’è però uno vero modello di leadership, in quanto e’ come se fossero tutti frustrati sulla stessa barca, non c’è nei più vecchi la missione di far crescere i piccoli ma una sorta di implicita regola: se vuoi arrivare devi sopravvivere. In questi casi la palestra è avara di formazione tecnica. Si deve “rubare” il mestiere solamente guardando, sopportando gli attacchi alla persona, come se fossi in un Gotha dove paghi la fortuna di essere qui con la sottomissione. Questo rallenta i processi di crescita, la produttività delle risorse e genera stress.
Il lavoro in cucina è durissimo fisicamente, usurante (come dicono tutte le classifiche di settore). Si tratta di cambiare il modello di cultura dominate, a tutela delle subculture (quelle minoritarie, dei nuovi arrivi, dei ragazzi che si affacciano a questo lavoro con passione e entusiasmo): va ritrovata la dimensione della scuola d’arte, dove il maestro esercita la leadership portando alle stelle la passione e la voglia di imparare.
E’ un male, invece, nascondere le proprie paure e insicurezze dietro l’autorità della monarchia che gratifica l’ego.

Michele Cucchi, psichiatra

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