Il mercato azionario torna sotto la lente d’osservazione per la nuova moda dilagante soprattutto dalle parti di Wall Street: il buyback. Tecnicamente, si tratta del riacquisto delle proprie azioni da parte di una società, in modo da ridurre la loro presenza sul mercato e quindi garantire una maggior fetta agli azionisti, con impennate di valore dei titoli. Il procedimento è già stato protagonista delle crisi nel 2000 e nel 2007, ma negli ultimi tre anni ha visto un’impennata con sempre più big intenti a spendere per ricomprarsi le azioni piuttosto che investire nel futuro societario. Il rischio di drogare il mercato e far scoppiare l’ennesima crisi, con conseguenze devastanti per l’economia internazionale, è sempre più vicino.
Che il buyback sia un pericolo lo dicono i numeri e anche esperti più che autorevoli, uno su tutto Warren Buffet che non ha esitato a definirle “azioni gonfiate” in una recente lettera agli azionisti. In un momento delicato per la finanza e per l’economia, il rischio di innescare un altro crack dei mercati potrebbe tagliare le gambe alla timida ripresa in atto.
Cos’è il buyback
Il buyback è il riacquisto dei titoli di una società da parte della stessa. Si tratta di uno dei modi in cui una società remunera i propri azionisti: in un mercato spesso in difficoltà e con un livello di crescita delle azioni in frenata, è la soluzione migliore per garantire guadagni a chi detiene le azioni. Come riporta il Sole 24 Ore, Morgan Stanley ha calcolato che da 2012 oltre il 50% della crescita degli utili per azioni è dovuto ai buyback. In loro assenza, gli utili si sarebbero fermati a 3,3% annualizzato.
Perché funziona così bene?
Riacquistando le proprie azioni, una società riduce i titolo presenti sul mercato, facendo alzare il valore delle rimanenti azioni. Questo accade perché, per legge, una società non può essere azionista di se stessa e i titoli riacquistati vengono cancellati. In pratica, compro le mie azioni, le cancello, diminuiscono la loro presenza sul mercato e quelle che rimangono agli azionisti aumentano di valore.
Inoltre, per procedere al riacquisto, le società possono ottenere prestiti a tassi vicini allo zero: si spende poco, si compra e si garantisce un aumento ai soci, con conseguenti bonus ai top manager. Il mercato ha sempre visto l’operazione di buyback come positiva: gli operatori leggono il riacquisto come una decisione degli amministratori di intervenire perché le loro azioni sono sottovalutate, dando così un valore maggiore.
Quanto è diffuso
Il buyback è molto diffuso a Wall Street e vede grandi protagonisti all’opera da tempo. Uno su tutti è Apple che ha visto le azioni aumentare del 40% nel 2014 anche grazie al piano di riacquisto da 140 miliardi di dollari. Secondo Bloomberg negli ultimi 12 mesi le 500 maggiori società quotate a New York hanno speso mille miliardi di dollari in buyback, il 95% dei loro profitti.
Il trend è in crescita e lo S&P500 Buyback Index, indice che contiene i cento titoli più attivi sul fronte riacquisti, ha registrato dal 2012 una crescita costante; lo stesso Buyback Index ha visto aumenti da capogiro e sono già spuntati ETF sull’indice dei riacquisti anche in Europa.
I pericoli del buyback
Dietro l’operazione del riacquisto si celano molti pericoli. Se è vero che il mercato l’ha letta come un’operazione positiva, alcuni operatori iniziano a vederla come una soluzione per nascondere le difficoltà future. I profitti vengono investiti in quello che rimane un investimento meno produttivo a lungo termine: non spendo per far crescere la mia società, ma uso i profitti per guadagnare ora e in fretta, come se non avessi fiducia nel futuro.
Andando a intaccare lo stato patrimoniale per procedere agli acquisti, le società rischiano di essere scoperte a livello di liquidità e meno solide davanti a una possibile crisi, in particolare all’interno di un mercato che è sempre più fatto di azioni gonfiate “ad arte”.
Quello che ora sta garantendo profitti facili e veloci, potrebbe ben presto tornare a chiedere il conto e, anche in questo caso, sarà salato, per tutti.
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