Non si è ancora chiuso il caso di Giulio Regeni e, ancora, dall’Egitto nessuna risposta circa la possibilità di processare le forze dell’ordine accusate dell’omicidio del ricercatore italiano.
Oggi, a Roma, è in corso una nuova udienza del processo dal quale, si spera, si possano ottenere risultati concreti.
Proprio davanti a Piazzale Clodio, a Roma, ecco che ne è nato un sit in, quanto di protesta, quanto anche di vicinanza alla famiglia di Giulio Regeni, ricercatore italiano ucciso in Egitto, dopo esser stato sequestrato e torturato nel 2016.
La sua famiglia, da anni, continua a chiedere giustizia ma soprattutto è l’Italia stessa a chiedere che, dall’Egitto stesso, venga data una risposta sui quattro 007 egiziani, imputati nel processo per la morte del giovane che, da tempo, risultano essere irreperibili.
È la stessa Procura di Roma a chiedere alla Consulta di sbloccare il processo per evitare una ulteriore fase di stallo dello stesso, fase nella quale si trova tuttora. La richiesta al Gup è arrivata al procuratore capo di Roma nel corso della nuova udienza preliminare sull’omicidio del ricercatore. Una questione di costituzionalità è quella sollevata dalla procura, circa l’articolo 420 bis, con lo specifico nella parte dove si vede “l’assenza di conoscenza del processo da parte dell’imputato”.
Non c’è stata alcuna cooperazione da parte dell’Egitto circa proprio la possibilità di processare, come dicevamo, i quattro 007 egiziani imputati nel processo Regeni. Una riserva che lo stesso Gup non scioglierà prima del prossimo 31 maggio.
Sarà proprio in quella occasione che si deciderà se accogliere la richiesta della Procura stessa e, di conseguenza, inviare tutti gli atti alla Corte Costituzionale per procedere, oppure non procedere, o ancora mandare gli imputati a giudizio.
Sono quattro gli 007 egiziani imputati nel processo e sono accusati di sequestro di persona pluriaggravato, lesioni aggravate e concorso in omicidio aggravato. E’ la stessa avvocatura di Stato che ha depositato una memoria al Tribunale di Roma. In essa, si richiede la celebrazione del processo nei confronti, proprio, dei quattro 007 egiziani imputati, facendo appello proprio all’articolo di legge sopracitato, il 420 bis.
Oggi, avrebbero dovuto esser ascoltati come testimoni anche la presidente del Consiglio, Meloni, ed il Ministro degli Esteri, Tajani. Nelle scorse settimane, però, l’avvocatura dello Stato aveva comunicato che “i due rappresentanti del Governo non avrebbero deposto poiché il contenuto dei colloqui avuti col presidente egiziano al-Sisi non è divulgabile” – era scritto.
Un sit in si è venuto a formare, prima dell’udienza, proprio fuori dal Tribunale. Fra i presenti, tantissimi cittadini in sostegno alla famiglia Regeni, ma anche alcuni esponenti politici, fra i quali il neo segretario del Partito Democratico, Elly Schlein.
Tutti erano lì presenti con un simbolo giallo appuntato al petto: “Siamo qui per dare un segnale di vicinanza alla famiglia di Giulio Regeni e alle tante persone che in questi anni non hanno mai smesso di chiedere verità e giustizia” – ha dichiarato la stessa Schlein.
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