Nonostante i numeri dicano che il settore sia in profonda crisi, la caccia alle balene sembra conoscere una ripresa delle attività in questo 2015: dopo il Giappone infatti, un altro Paese che ha una tradizione storica come l’Islanda ha già armato le sue baleniere ed ha mietuto le prime vittime tra i cetacei: a denunciare l’accaduto è stata Greenpeace, da sempre in prima linea nella battaglia per il divieto, che attraverso un video diffuso sul web mostra chiaramente lo sbarco a terra del primo esemplare morto, pronto per essere lavorato.
‘Si è riaperta anche quest’anno la caccia alle balene nei mari islandesi‘, si legge nel comunicato dell’associazione ambientalista, che conferma l’arrivo della ‘nave baleniera Hvalur 9 nel porto islandese di HvalfjörÐu, dove è stata sbarcata la prima balenottera comune uccisa in questa stagione‘. L’animale viene ora lavorato a terra per ricavarne carne e grasso, e purtroppo non sarà l’unico esemplare ucciso dalle baleniere islandesi, a meno di un clamoroso ed inaspettato dietrofront che al momento pare improbabile. Il piccolo Paese nordeuropeo dunque riprende l’attività di caccia ai cetacei, ‘nonostante il commercio di carne di balena sia ormai al collasso, sia per la crescente opposizione alla caccia sia perché persino in Giappone, il principale mercato di riferimento, il mercato è in crisi. Ma c’è chi ancora spera di poter rimettere in piedi questo settore‘, dichiara ancora la nota di Greenpeace.
Secondo quanto emerge dai dati in possesso dall’associazione, l’Islanda conta di cacciare fino a 154 balenottere comuni, un numero tutt’altro che modesto considerando che si tratta di una specie a rischio scomparsa, che non potrebbe nemmeno essere commercializzata, tanto da essere inserita in Appendice I della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione. D’altro canto l’Islanda è uno dei tre Paesi sui 181 associati, insieme a Giappone e Norvegia, che ha presentato riserve al Piano con le regole previste dalla suddetta Convenzione: riserve che consentono loro di ignorare il divieto e continuare la caccia indiscriminata a questa specie animale. Interessi economici, tradizioni dure a morire, e la consueta rigidità dei governi davanti alle tematiche ecologiche, ancora una volta si rivelano un mix letale per la salvaguardia di una creatura vivente.