Sta subendo una vera e propria escalation la guerra tra alcune specie selvatiche e l’uomo in Italia: la caccia a lupi ed altri animali predatori sta facendo infatti salire la tensione di pastori ed agricoltori che vivono a ridosso dei boschi, e la questione è diventata talmente esplosiva che il governo non sa bene come gestire la situazione, se non cercando possibili scappatoie attraverso deroghe alle normative Ue per attuare dei piani di abbattimento, su pressione delle Regioni. L’ultima a muoversi in tal senso è stata nel marzo 2016 la Liguria, che ha chiesto al governo di agire poiché nella regione vi sono circa 200 lupi che stanno facendo stragi negli allevamenti, e l’ente non ha fondi a sufficienza per rimborsare gli allevatori: la Liguria si dichiara impotente e impossibilitata a fermare le razzie dei lupi, poiché appunto si tratta di una specie protetta e tutelata dall’Ue.
L’allarme viene lanciato dall’assessore regionale all’Ambiente Stefano Mai della Lega Nord, secondo cui ‘dal numero degli animali sbranati ritrovati possiamo con certezza desumere che il numero di lupi sul nostro territorio sia di tre o quattro volte superiore alla cifra stimata nel 2014. È il governo che deve varare misure adeguate, non voglio fare la parte del lupo nella favola di Cappuccetto Rosso, il tema del lupo fa sollevare gli ambientalisti, io però ho una certezza: le casse della Regione non reggono l’impatto economico di questo predatore‘. Questa è solo l’ultima voce favorevole ad un’apertura della caccia alle specie predatorie, ma va detto che l’aumento della popolazione selvatica non riguarda solo queste specie: in Italia dal 1980 al 2010, secondo dati comunicati dal ministero dell’Ambiente, il cervo è cresciuto del 700 per cento, il capriolo del 350, il camoscio alpino del 120, il muflone del 300, mentre il cinghiale dal 2000 ad oggi è aumentato del 400 per cento. Alcune specie però creano più problemi di altre, a cominciare appunto dal lupo.
Abbiamo già analizzato per linee generali il funzionamento della stagione della caccia nel nostro Paese, ma ora vogliamo osservare il fenomeno da una prospettiva diversa, che non è quella di coloro che non sanno rinunciare alle doppiette come hobby, ma di chi coltiva delle legittime paure che riguardano la convivenza con questi animali, ma che certo non si dissolvono sterminandoli. Con l’amaro paradosso delle decine di milioni di euro spese per reintrodurre tali specie nei nostri boschi, senza che la politica sia stata in grado di affrontare e gestire le prevedibili conseguenze del fenomeno.
Caccia al lupo: piani di abbattimento in arrivo?
Benché esista una direttiva europea, Habitat 92/43, a tutela della specie, che ne proibisce ‘cattura, uccisione, disturbo, detenzione, trasporto, scambio e commercializzazione‘, ogni anno in Italia avviene una vera e propria strage di lupi a causa del bracconaggio: ma a quanto pare non basta, ora si vorrebbe dare il via anche a piani di abbattimento ufficiali. Per questo motivo i tecnici del ministero dell’Ambiente stanno studiando possibili deroghe alla normativa, come già accaduto in altri Paesi della Ue, a causa della ‘forte tensione sociale, soprattutto dove il lupo ha fatto ritorno dopo decenni di assenza e dove si sono sviluppati metodi di allevamento che, per essere compatibili con la presenza del lupo, richiedono onerose misure di prevenzione‘, si legge nel documento ministeriale. Già fissato anche il limite massimo di abbattimento delle specie, pari al 5 per cento della popolazione del cosiddetto Canis lupus.
Agricoltori e pastori, che hanno visto asini, vitelli e pecore uccise dai predatori, plaudono all’iniziativa, ma ci chiediamo se sia davvero l’unico modo per rendere possibile la convivenza tra uomini e animali, e soprattutto se chi di dovere non avrebbe dovuto monitorare con attenzione lo stato della situazione prima di reintrodurre il lupo nei boschi italiani, gestendo le modalità della ripopolazione e allo stesso tempo lo sviluppo agricolo delle zone limitrofe. Chi manifesta pochi dubbi sul fatto che il piano di abbattimento ci riporterà indietro di 50 anni è la Lav, sostenendo che ‘è inaccettabile sotto il profilo scientifico e ancor più sotto quello morale. Gli abbattimenti non fanno diminuire le predazioni. E l’apertura della caccia non arresta il bracconaggio, anzi. Se il sistema avalla l’uccisione del lupo, il bracconiere si sentirà un benefattore‘. Il piano, in attesa di approvazione e fortemente voluta dalle Regioni interessate oltre che agli agricoltori, prevede l’abbattimento di lupi ed ibridi in aree protette e rurali, ed include anche i cosiddetti cani-vaganti. A rischio dunque anche randagi e cani smarriti dai proprietari, se dovesse rimanere inalterata la deroga ministeriale.
Il caso degli orsi
Compagno di sventure del lupo è l’orso, che soprattutto in alcune regioni è visto come il nemico numero uno degli abitanti delle zone limitrofe alle aree protette. In particolare è stata la provincia di Trento a voler definire questa specie non più protetta ma ‘dannosa’, in modo da disporne l’abbattimento e la cattura, in base ad una delibera approvata nel 2015. Provincia che, va ricordato, ha avuto numerosi finanziamenti pubblici per la reintroduzione di questi animali. Come ha ricordato anche la Lav, la delibera è a rischio illegittimità poiché è contraria alla legge 157/92 e gli articoli 544 ter e bis del codice penale, tuttavia negli ultimi anni non sono mancati in Italia casi di abbattimenti di orsi saliti alla ribalta delle cronache, la più famosa delle quali ha riguardato l’orsa Daniza, che suscitò un’ondata di indignazione popolare nell’estate del 2014. La battaglia tra uomini e plantigradi dunque è tutt’altro che conclusa.
Il problema delle specie invasive
Esiste poi un caso tutto particolare che riguarda le cosiddette specie invasive, ovvero quelle specie animali, ma il discorso vale anche per esemplari della flora, introdotte nel nostro ecosistema senza alcun criterio normativo, e che una volta liberate nel territorio hanno provocato danni così ingenti da richiedere persino l’intervento della Ue, visto che il problema non riguarda solo l’Italia ma tutto il continente. Dagli scoiattoli americani ai pesci tropicali, passando per diverse specie di uccelli ed insetti, sono molti i ‘nemici naturali’ del territorio nostrano introdotti grazie sostanzialmente alla totale irresponsabilità dell’uomo: un caso particolarmente sintomatico è quello delle nutrie, che si sono diffuse così rapidamente, soprattutto nel Nord Italia, da predisporre anche in questo caso piani di abbattimento. Importato per sfruttarne le pellicce, analogamente al visone ed altri animali, la nutria, una volta terminato l’approvvigionamento economico degli allevamenti, venne immessa senza criteri nell’ambiente, e nel tempo è diventato parte integrante del territorio: peccato che questo animale abbia provocato danni a non finire, uno su tutti l’erosione del suolo, a causa delle lunghe gallerie che scavano tali roditori semi-acquatici. La dimostrazione, una volta di più, che gli animali fanno semplicemente gli animali, e che la colpa di queste situazioni è ascrivibile in tutto e per tutto all’uomo.
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