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Cacciata di casa con cinque figli, di cui quattro minorenni, e con disabilità riconosciute, perché l’ex marito non ha pagato il mutuo, e col rischio che le tolgano i figli perché senza un’abitazione stabile. È la storia di Teresa Proto, da Sant’Angelo Lodigiano, in provincia di Lodi: dopo aver subìto le angherie dell’ex marito e aver rischiato di rimanere in Marocco, terra d’origine dell’uomo, perché voleva divorziare, ha prima dovuto lottare per riavere i figli, per poi scoprire che l’immobile, intestato al marito e lasciatole come da accordi, è stato messo all’asta. Dopo anni terribili, la vita sembrava finalmente averle sorriso: i figli insieme a lei al sicuro in Italia, un ambiente sano dove farli crescere e un lavoro in regola. Quando ha avuto la notizia dello sloggio, ha iniziato a cercare una nuova casa in affitto ma nessuno, in paese e nella zona, le ha dato casa. “Non so più cosa fare, tra dieci giorni saremo senza un tetto sopra la testa: qualcuno mi aiuti”, è il suo appello lanciato ai privati e al Comune che assicura: “Stiamo facendo di tutto per aiutarla”.
Tutto nasce da un matrimonio finito male che le è costata molta sofferenza e anni di lotta per avere l’affidamento dei figli, di 21, 16, 15, 12 e 9 anni, affetti da disabilità medio-grave riconosciuta e con accompagnamento. Da Milano, passando per il Marocco, oggi tutti e sei vivono in una casa a Sant’Angelo Lodigiano, in provincia di Lodi, da cui però dovranno uscire entro dieci giorni a causa di uno sloggio .
È la stessa signora Teresa a raccontarci la sua storia. “La casa di Sant’Angelo è stata comprata nove anni fa dal padre dei miei figli. Non è stata la casa coniugale ma ci siamo rimasti due anni, per poi trasferirci a Milano dove nel 1999 avevo ottenuto una casa Aler. Per questo, l’appartamento nel lodigiano è rimasto intestato a lui. Io credevo che lui stesse pagando il mutuo, anche perché aveva preso 10mila euro da mio padre: solo dopo ho scoperto che quei soldi non li aveva mai versati in banca e che aveva pagato solo tre mesi di rate“.
Nel 2012 la situazione in famiglia si complica, le liti sono continue e c’è il rischio che perdano i figli. “Per evitare il divorzio, mio marito mi propone di andare in Marocco in vacanza e di prenderci del tempo: per un paio di mesi è tutto tranquillo, ma quando decidiamo di ritornare in Italia, lui non ci lascia più andare via. Per un anno io e i miei figli siamo rimasti chiusi in casa, subendo violenze di ogni genere; nel 2013, grazie alle denunce di mio padre, anche per evitare l’intervento dell’Interpol e della Polizia marocchina, mi lascia tornare in Italia”.
A quel punto inizia la sua battaglia per riportare i figli a casa. “Due anni dopo, grazie a un avvocato marocchino, riesco a ottenere il divorzio con l’affidamento di tutti i figli. Nel frattempo, il maggiore compie 18 anni e torna in Italia. A marzo 2015 ritorno in Marocco perché non vedevo gli altri figli da un anno, e a maggio riesco a portare a casa il più piccolo: in pratica me li stava dando a rate“.
Con il rientro del maggiore, la donna scopre che la situazione è ancora più grave di quanto pensasse. “Mio figlio più grande mi confessa che tutti e cinque hanno subito delle violenze in Marocco da parte di un amico del padre. A questo punto, per me è una vera guerra e, nel settembre 2015 riesco a portare in Italia anche gli altri tre bambini”.
C’è un però. Per tornare in Italia in via definitiva, la signora Teresa firma un accordo con cui il marito le lascia la casa di Sant’Angelo Lodigiano, a patto di rinunciare ai 200 euro di mantenimento. La scelta è quasi dovuta, visto che la casa Aler a Milano le viene tolta dopo l’anno passato in Marocco e perché l’ex marito l’aveva subaffittata. I primi tempi sono duri, lei non ha un lavoro fisso e si barcamena tra l’accompagnamento dei figli e qualche lavoretto in nero, ma almeno c’è la casa. “Col passare dei mesi, scopro che anche questo appartamento mi verrà portato via perché non è stato pagato il mutuo”.
Inizia così una nuova odissea. La situazione inizia a migliorare a giugno di quest’anno quando trova un lavoro in regola. “A quel punto mi metto a cercare una casa nuova, rimandando con l’ufficiale giudiziario lo sloggio in modo da trovare prima una sistemazione per i miei figli: da allora sono mesi che cerco ma nessuno, qui a Sant’Angelo o nei dintorni, mi ha detto sì. Di recente, l’assistente sociale mi ha fatto capire che, senza casa, rischio di perdere i miei figli. Per loro sarebbe un trauma dopo quello che hanno passato, anche perché qui sono seguiti e hanno ritrovato la serenità”.
A oggi, ha chiesto d ritardare il più possibile l’asta e di darle tempo fino al 20 dicembre. “Al Comune chiedo di aiutarmi, perché togliermi i figli dopo tutto quello che ho passato sarebbe solo peggio, e di darmi una mano a trovare casa, magari facendo da garante, e permettendo ai miei figli di rimanere qui, dove si trovano bene, senza altri traumi”.
La situazione non è delle migliori, ma dal comune di Sant’Angelo Lodigiano assicurano di lavorare al suo caso da tempo. “Abbiamo fatto di tutto per lei”, ci dice Domenico Beccaria, assessore ai servizi sociali e alla sicurezza. “Da due anni e mezzo è seguita da tre assistenti sociali per tutte le problematiche che ha avuto e che ha ancora”, ci conferma l’assessore che elenca gli interventi messi in atto dal suo ufficio. “Stiamo aspettando una risposta dal tribunale a cui abbiamo chiesto di allungare i tempi dello sloggio al più tardi possibile”, continua Beccaria.
C’è un altro problema. “Purtroppo, la signora non ha neppure i requisiti di legge per l’accesso alle case popolari, che richiedono 5 anni di residenza nel Comune, mentre lei è qui da due anni. Per di più, ha perso la casa Aler a Milano per la vicenda del subaffitto, il che non depone a suo favore. Nonostante tutto, le abbiamo detto di fare domanda appena si apre il bando e che poi avremmo trovato una soluzione. Stiamo cercando anche sul mercato privato per vedere di trovare casa, ma non è semplice”.
“Noi agiamo a rispetto e a rigor di legge: certo, cerchiamo di aiutare il più possibile, ma dobbiamo rispettare la legge” ci spiega l’assessore che ha chiesto anche l’intervento di onlus che operano sul territorio per trovare una soluzione rapida. “Stiamo parlano con le associazioni, come Casa Barasa, che si occupa proprio di famiglie in difficoltà e in emergenza abitativa e siamo in contatto con una onlus che si occupa di mamme in difficoltà. Speriamo di trovare una soluzione al più presto”.