La caduta dell’Impero Romano non sarebbe dipesa (solo) dalle invasioni barbariche, ma anche dai vulcani: uno studio pubblicato recentemente da Nature, infatti, spiega come, tra le cause che determinarono la distruzione di Roma, non vi furono solo i saccheggi dei barbari ma una serie di calamità naturali provocate da violente eruzioni vulcaniche, che avrebbero portato ad un repentino cambiamento climatico, causa di carestie ed epidemie di vario genere.
Nella distruzione dell’Impero Romano, dunque, i barbari non avrebbero fatto tutto da soli: a peggiorare la situazione di Roma – negli anni in cui fu teatro, tra il 166 e il 476 dopo Cristo, di saccheggi da parte di Vandali, Goti e compagnia bella – furono condizioni climatiche ostili dovute, secondo lo studio pubblicato da Nature, ad una attività vulcanica particolarmente violenta. Pare che le estati più roventi vissute dall’Impero tra il 500 avanti Cristo e il 1000 dopo Cristo, furono precedute da tremende eruzioni vulcaniche, mentre quelle più fredde si verificarono subito dopo tali attività. Un’osservazione questa che andrebbe a rafforzare la teoria per cui esiste un nesso scientifico tra i cambiamenti climatici e le eruzioni vulcaniche.
Ma come si è giunti a tale conclusione? L’autore della ricerca, il dottor Michael Sigl – del Desert Research Institute di Reno e del Paul Scherrer Institute in Svizzera – ha parlato di una ‘nuvola misteriosa‘ che nel 536 dopo Cristo interessò l’Europa e l’attuale Medio Oriente, fenomeno questo che avrebbe potuto causare – secondo alcuni studiosi – i cambiamenti climatici di cui fu vittima, all’epoca, tutto il territorio dell’Impero. La nuvola potrebbe presumibilmente esser stata la conseguenza di un’intensa attività vulcanica. ‘Abbiamo osservato, ha spiegato Sigl, almeno due grandi eruzioni vulcaniche intorno a quel periodo storico, e l’abbassamento di temperatura, che ha raffreddato la terra, è stato provocato da particelle di solfato vulcanico che hanno ricoperto la parte più alta dell’atmosfera e hanno schermato i raggi del sole facendo da scudo‘. Da una condizione climatica così ostile, dunque, alla siccità, alla malattia e alla fame il passo fu breve: la famosa ‘peste di Giuliano’ che portò alla morte di un terzo della popolazione europea, fu provocata proprio dalla scarsità di acqua e di cibo tra il 541 e il 542 dopo Cristo.
A confermare la tesi scaturita dalla ricerca, ci sarebbe anche la preziosa testimonianza che ci ha lasciato Cassiodoro – politico e storico romano vissuto all’epoca della invasione ostrogota – allorché parla delle stagioni climatiche vissute dall’Italia nel 536 dopo Cristo quando ci fu ‘un inverno senza tempeste, una primavera senza mitezza e un’estate senza caldo‘.
Non solo debolezza militare, dunque, per i Romani che non riuscirono a fronteggiare la furia devastatrice germanica: a dar man forte ai barbari ci pensò anche madre natura con un clima ostile che portò fame, morte e distruzione. Gran parte della storiografia, infatti, considera la peste di cui parlavamo come l’ultimo grande disastro abbattutosi su un impero già agonizzante, irrimediabilmente provato per la perdita di potere dovuta alla sconfitta contro gli eserciti giunti dall’Europa del Nord.