Un uomo di 61 anni è morto a Firenze, colpito da un malore mentre stava lavorando all’interno di un capannone.
La Procura ha disposto l’autopsia per capire le cause del decesso ma gli inquirenti hanno ipotizzato un colpo di caldo, anche perché all’interno del luogo la temperatura era altissima. Probabilmente quindi è stato ucciso dall’afa che sta attanagliando, proprio come tutte le città italiane, anche il capoluogo toscano.
Uomo morto a Firenze
Un operaio di 61 anni di nome Stefano Olmastroni è morto a Firenze, ucciso probabilmente dall’afa e dalle altissime temperature mentre lavorava all’interno del capannone di un magazzino come addetto alle pulizie. Improvvisamente, si è accasciato a terra ed è morto.
La strada che percorrono gli inquirenti è quella del malore dovuto al caldo, supportata anche dagli accertamenti dei medici dell’ospedale, i quali hanno accertato che la sua temperatura corporea quando è arrivato nella struttura, era di 43 gradi.
A ucciderlo dunque, molto probabilmente, i 39 gradi raggiunti a Firenze in questo finesettimana. Tuttavia serviranno ulteriori conferme e per questo motivo la Procura ha disposto l’autopsia per far luce sul decesso e anche l’Asl sta conducendo altri accertamenti.
Da settimane nel capoluogo toscano c’è l’allerta rossa per le temperature elevatissime, come quella che in effetti c’era dentro al capannone, uno spazio chiuso con poco ricircolo di aria che è stato fatale all’uomo. Gli esperti raccomandano nelle ore più calde di non uscire se non in caso di necessità, ma l’uomo stava lavorando e non poteva fare altro che sopportare la calura estiva, che però ha avuto effetti devastanti e prima che se ne accorgesse, si è accasciato al suolo ed è morto in una maniera orribile.
L’afa può uccidere, specialmente le persone meno giovani come Stefano ma le raccomandazioni sono per tutti. Il 61enne stava pulendo il capannone nella fascia oraria peggiore della giornata dal punto di vista termico, erano infatti circa le 15.30 di qualche giorno fa quando ha accusato il malore.
Con lui c’era un collega che stava pulendo uno spazio attiguo facente parte dello stesso consorzio agricolo ma si è subito accordo dello svenimento, allertando i soccorsi.
Il trasporto in ospedale e le indagini
Nonostante la tempestività nella chiamata e l’intervento immediato dei soccorritori sanitari, che sono giunti sul luogo con l’ambulanza, non c’è stato nulla da fare. Stefano è stato portato nell’ospedale di Careggi in gravissime condizioni: era privo di conoscenza e i parametri pessimi hanno fatto subito capire ai medici che la situazione era critica.
Dai primi accertamenti è risultata una temperatura del corpo elevatissima, basti pensare che era di 43 gradi, a fronte di una norma di massimo 37,2.
L’autopsia aiuterà a far luce anche su eventuali patologie già esistenti, le quali potrebbero aver contribuito al malore scatenato in primis dal caldo torrido e asfissiante.
Parallelamente agli accertamenti di tipo medico, i carabinieri di zona stanno conducendo le indagini per stabilire in che condizioni si trovasse l’uomo a lavorare, quindi se ci sono delle responsabilità da addebitare al datore di lavoro.
L’azienda in questione è la Labor Service, che lavora per conto di Legnaia 1903, società agricola di Sollicciano che opera nel settore del verde. Quest’ultima ha rilevato la famosa Cooperativa di Legnaia, che colpita da una crisi finanziaria ha dovuto chiudere i battenti pochi anni fa.
La morte di Stefano risale a mercoledì pomeriggio ma gli accertamenti sono ancora in corso, ne parliamo oggi perché proprio a oggi risale il terribile responso: a ucciderlo è stato molto probabilmente il caldo, in particolare un fenomeno chiamato ipertermia
Le indagini si stanno sviluppando anche intorno agli elementi raccolti dai tecnici della PISLL (Unità funzionale prevenzione, igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro), che stanno ascoltando alcuni testimoni.
Da accertare se l’ipertermia è stata una causa o una concausa, di certo è una condizione molto spiacevole in cui l’organismo umano si trova in condizioni di temperature corporee estreme. La conosciamo comunemente come colpo di calore e si verifica prettamente in estate, quando i valori termici sono alti e anche l’umidità è elevata, può essere inoltre scatenato da una prolungata esposizione al sole.
Il dolore degli amici
Stefano viveva a Ponte a Greve, nella periferia ovest di Firenze. Fra lo shock di chi lo conosceva in zona, c’è anche tanta rabbia da parte dei suoi amici che in queste ore stanno affollando di messaggi il suo profilo Facebook, così come i colleghi.
Tutti lo conoscevano bene perché prima di lavorare per l’azienda di Sollicciano, aveva lavorato in un grande albergo della zona. A ricordarlo anche il circolo che frequentava, chiamato “Casa del popolo”. Qui Stefano era conosciuto come Stefanino e si fermava spesso a fare due chiacchiere e bere un bicchiere in compagnia degli amici.
“Ieri un collega che era con lui al momento del malore ci ha chiamati per avvisarci. È stato terribile non volevano crederci” raccontano alcuni di loro.
La rabbia e il dolore si fanno più forti anche pensando alle parole pronunciate proprio in quel circolo. Ai conoscenti avrebbe infatti detto di non sentirsi bene, probabilmente per l’afa.
Il tempismo del presentimento è inquietante, quando pronunciava queste parole infatti erano le 13 di mercoledì, proprio prima di iniziare il turno pomeridiano e il giorno dopo era di riposo.
Però non arriverà mai al giorno seguente, il caldo infatti ha infierito su di lui fino all’estremo, su un fisico già condizionato da qualche acciacco.
Tutti parlano di lui in paese come una persona buona e il presidente di quel circolo a poca distanza dalla casa che Stefanino condivideva con la moglie peruviana, ha ricordato il 61enne prendendo l’iniziativa di una raccolta fondi per una corona di fiori, poi ha esposto la bandiera a lutto all’ingresso del circolo.