I due leader del terzo polo, Carlo Calenda e Matteo Renzi, oggi, si sono divertiti a fare delle battute (neanche troppo divertenti). Il primo, che è anche il numero uno di Azione, ha messo nel mirino la presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, in un evento della confederazione a sostegno di Letizia Moratti, a Milano, definendola una nazionalista semifascista e chiarendo le sue parole, poi, su Twitter, il secondo, sempre dallo stesso palco, invece, ha attaccato il Partito democratico riproponendo il testo della canzone di Shakira contro il suo ex compagno, Gerard Pique.
Se nel caso di Calenda non si è accesa nessuna polemica, per lo meno non partita dalla diretta interessata, nel caso dell’ex premier fiorentino, in difesa dello schieramento dem, è arrivato un tweet del candidato alla segreteria del partito Gianni Cuperlo che ha spiegato che la Ferrari a cui aveva accennato Renzi era in prestito dalla destra, mentre la Twingo viene pagata a rate e può essere definita di proprietà del Pd.
Calenda e Renzi hanno fatto delle battute contro i loro avversari politici, ma solo uno si è giustificato
Il clima per le regionali nel Lazio e in Lombardia della prossima settimana è sempre più incendiario come si vuole da qualsiasi competizione elettorale. Se dal palco dell’Auditorium Conciliazione, a Roma, per la convention del centrodestra e quindi di Francesco Rocca, la presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, ha preferito chiarire alcuni aspetti delle politiche degli ultimi del governo che presiede, non per ultime quelle relative alla revoca del regime di 41 bis per l’anarchico in sciopero della fame da più di cento giorni, Alfredo Cospito, dall’evento elettorale del terzo polo, a Milano, a sostegno della candidata, Letizia Moratti, i due leader si sono divertiti a fare delle battute (lo sono?) neanche troppo simpatiche.
Carlo Calenda, frontman dello schieramento e numero uno di Azione, che pure non ha riservato colpi ai suoi vecchi compagni e al Partito democratico in toto, se l’è presa più che altra con la premier, prima sulla questione riguardante il duo Giovanni Donzelli e Andrea Delmastro Delle Vedove (cosa che per altro aveva già fatto ieri, e anche dalle colonne del Corriere della Sera), poi sul tema del presidenzialismo.
Nel merito, l’ex ministro dello Sviluppo economico, si è rivolto direttamente alla leader di Fratelli d’Italia proponendole di “non toccare la Presidenza della Repubblica che è l’unica cosa che funziona in questo Paese“. Per Calenda, infatti, “senza presidente della Repubblica se ne va via l’unità nazionale. E che io lo debba spiegare a una nazionalista semifascista è deprimente“, ha detto il leader di Azione, concludendo poi con un “via i busti e un po’ di nazionalismo“.
Le sue parole, riprese dalle agenzie, sono finite un po’ ovunque, anche sui social, ed è proprio a un tweet che l’ex candidato sindaco di Roma si è agganciata per spiegare che, no, non ha detto quello che si è inteso, piuttosto, ha scritto, “se manco nazionalisti semifascisti riconoscono il valore della cultura patria siamo messi malissimo. Era una battuta evidentemente“.
No. Ho detto una cosa molto diversa. Se manco nazionalisti semifascisti riconoscono il valore della cultura patria siamo messi malissimo. Era una battuta evidentemente. https://t.co/vhRFi9B5Kb
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) February 5, 2023
Una battuta che non faceva ridere, per parafrasare Carl Brave e Franchino 126 nella loro Noccioline, tanto quella fatta dal suo sodale e alleato, Matteo Renzi, rivolgendosi, lui per davvero, al Partito democratico.
“Nel Pd avevano me e Calenda. Avevano una Ferrari e l’hanno scambiata con una Twingo“, ha detto il leader di Italia Viva ripetendo (anche lui) le parole dell’ultima canzone di Shakira riferite al suo ex compagno, l’ex difensore centrale del Barcellona e della nazionale spagnola Gerard Pique. Se nel caso della cantante colombiana il riferimento, appunto, era scontato, quello dell’ex premier fiorentino è stato esplicito e rivolto a “Goffredo Bettini che dice che bisogna recuperare la rivoluzione d’ottobre“, alla “più giovane deputata che dice che bisogna recuperare la figura di Lenin” e a Roberto “Speranza che dice che bisogna abbattere il neoliberismo“. “Avevano noi due – ha detto ancora – che parlavamo di industria 4.0 e lavoro. Hanno scelto la rivoluzione d’ottobre per far entrare Giarrusso. Per dirla con la filosofa moderna, avevano una Ferrari, hanno preso una Twingo“.
La satira di Renzi – che proprio ieri è stato condannato a risarcire Marco Travaglio, il direttore del Fatto Quotidiano, di 42mila euro perché il giudice non ha ritenuto un’offesa che le sue foto siano apparse in un rotolo di carta igienica in diretta televisiva – non è piaciuta al suo vecchio sfidante alle primarie del 2013 (e che ci ha riprovato anche quest’anno), Gianni Cuperlo. Il deputato, in corsa per la segreteria del partito ma con poche chance di arrivare ai gazebo, ha risposto per le rime su Twitter, spiegando che la Ferrari non era di proprietà del Pd, mentre l’utilitaria sì.
Dice @matteorenzi “avevano una Ferrari” (leggi jobs act) “e l’hanno scambiata con una twingo”. Matteo, il punto è che la Ferrari non era di nostra proprietà ma ce l’aveva data in leasing la destra. La Twingo la stiamo pagando a rate ma è nostra! Un abbraccio
— Gianni Cuperlo (@giannicuperlo) February 5, 2023