Non su tutto, ma su alcuni temi, ha detto Carlo Calenda, leader di Azione e frontman del terzo polo, è più vicino alle posizioni della destra, e quindi di Giorgia Meloni, piuttosto che al Partito democratico e a Elly Schlein. Sul nucleare, per esempio, considerata una delle energie più sicure e meno inquinanti. Su altri argomenti, però, l’ex dem ha tirato le orecchie al governo e ha promesso che si candiderà alle primarie del partito con Matteo Renzi che inizierà a diventare realtà dopo giugno.
Molto presente nei salotti televisivi e soprattutto sui social, però, Calenda è anche uno dei leader più assenti nelle aule del Parlamento, peggio di lui hanno fatto solo Silvio Berlusconi e Meloni, che da presidentessa del Consiglio è andata a Montecitorio solo in occasione di comunicazioni del governo. Meglio di lui hanno fatto, invece, il segretario federale della Lega, Matteo Salvini, pur avendo anche lui un ruolo di spicco nell’esecutivo, e soprattutto Angelo Bonelli, il co portavoce di Europa Verde è l’esponente di uno schieramento più presente alla Camera.
Carlo Calenda, leader di Azione e frontman del terzo polo alle elezioni del 25 settembre, intervistato a Mattino Cinque, su Canale 5, ha detto che su alcuni temi si sente più vicino al centrodestra che al Partito democratico di Elly Schlein, parole pesanti per cui lo stesso ex ministro dello Sviluppo economico ha dovuto precisare su Twitter che no, è solo sul nucleare, anche perché Teresa Bellanova, dirigente di Italia Viva, aveva iniziato a storcere il naso dicendo di non essere “notoriamente d’accordo ma sono rassicurata dal fatto che la linea politica come già deciso verrà indicata nel congresso in modo democratico e dal basso, partendo dalle istanze dei territori e non dalle imposizioni dall’alto“.
E in effetti, appunto, Calenda nell’intervista aveva spiegato bene quello che voleva dire: “Abbiamo presentato una nostra mozione in cui con chiarezza chiediamo di andare verso il nucleare e la destra l’ha votata. Si fa politica per migliorare la vita delle persone. E io se un provvedimento della destra lo condivido, lo voto. Lo stesso un provvedimento della sinistra“.
Nello specifico, l’ex candidato sindaco di Roma ha spiegato che “l’energia nucleare è oggi una delle più sicure e meno inquinanti. Non ha emissioni, non emette Co2 e ha un bassissimo consumo del suolo. Ha pochissime scorie, che vengono stoccate in totale sicurezza“. Per lui, invece, i pannelli fotovoltaici inquinano e consumano meno suolo. “L’energia – ha continuato – va consumata contestualmente o stoccata, cosa che comporta problemi. Il nucleare è una fonte costante a zero immissione“.
Tornando alle affinità e divergenze (e non tra il compagno Togliatti e noi) tra Calenda e la destra, a pesare, almeno secondo quanto ha scritto, invece, sulla sua newsletter, sono molto più le seconde delle prime. La prima presidente del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana, ha detto, “non sa che pesci prendere per affrontare i veri problemi dell’Italia: dalla povertà lavorativa alla scuola, dalla sanità all’immigrazione. L’esecutivo si trascina da un’emergenza all’altra litigando sulle nomine e facendo continuamente retromarcia rispetto alle posizioni politiche su cui ha chiesto il voto agli italiani“.
Un tema, invece, sul quale non è d’accordo né con il suo schieramento, né con la maggioranza, specialmente con Fratelli d’Italia, è quello che riguarda la maternità surrogata. “È ripartito un assurdo confronto sui diritti. Il governo ha bloccato il certificato di filiazione europeo e accusa l’opposizione di voler legalizzare la gravidanza per altri. Il Partito democratico d’altro canto è sceso in piazza, come oramai fa settimanalmente, senza però chiarire il suo pensiero sulla Gpa“, ha ricordato il numero di Azione sempre sulla sua e-news.
Nel concreto, Calenda ha detto che “i figli vanno sempre tutelati, ma la pratica dell’utero in affitto deve rimanere un reato. Non è tollerabile che una donna in condizioni di povertà debba vendere la sua maternità a persone più abbienti di lei, per sopravvivere. Omosessualità o eterosessualità non c’entrano nulla nella discussione, anche perché oggi la stragrande maggioranza dei casi di ricorso riguarda coppie eterosessuali. Trovo perciò assurde, oltre che ripugnanti, le frasi sulla ‘pedofilia’ o lo ‘spaccio di bambini’ pronunciate da alcuni ‘gentiluomini’ di Fratelli D’Italia“.
Quanto a che ne sarà del terzo polo come realtà politica, l’ex ministro ha chiarito che dal 10 giugno, come deliberato anche dall’assemblea di Italia Viva di Matteo Renzi, si darà il via libera al progetto, in cui lui potrebbe essere il primo segretario: “Io mi candido, lo decideranno gli iscritti con un meccanismo di primarie. Non vogliamo fare come il Partito democratico dove gli iscritti hanno votato per Bonaccini e i non iscritti hanno ribaltato il risultato“, ha sentenziato in merito dal salotto di Canale Cinque.
Ecco, a proposito dei talk show politici, Calenda, secondo un’indagine di Openpolis fatta a sei mesi dalla nascita della 19esima legislatura, è uno dei leader di partito meno presenti nelle aule del Parlamento. Al netto delle trasferte, meglio delle missioni, che vengono comunque considerate assenze e che si aggirano intorno al 77%, il numero uno di Azione ha un tasso di partecipazione dell’11,2%, molto più bassa del suo alleato Renzi, che invece arriva al 41,7%, e non è neanche tra i più presenti.
Chi lo è è sicuramente il co portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli, che è arrivato a toccare l’83% di presenze alla Camera, seguito dal suo alleato, il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, che si ferma al 74,5%. Anche il presidente del MoVimento 5 stelle, Giuseppe Conte, rientra nella top three di leader meno assenti in aula, con il suo 65,2% l’ex presidente del Consiglio si ferma al gradino più basso del podio e supera anche la neo segretaria dem, che invece può contare sul 53,7% di presenze.
Tra chi non ha compiti di governo, e oltre a Calenda, i più assenti sono Maurizio Lupi di Noi Moderati, con solo il 24% di presenze alla Camera e Silvio Berlusconi di Forza Italia, che ha partecipato a solo lo 0,55% delle sedute di Palazzo Madama, ma a fronte, anche di missioni, all’89%. Meglio dell’ex dem, però, ha fatto anche Matteo Salvini, segretario federale della Lega e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, che, nonostante faccia parte dell’esecutivo, ha un tasso di partecipazione del 14,9%, molto di più rispetto alla leader del primo partito in Italia e premier che si ferma all’1,34% – pur prendendo lo stipendio da deputata, Meloni si è presentata alla Camera solo per le comunicazioni governative, ma è prassi, anche perché la percentuale media di presenze dei membri dell’esecutivo tra ministri e sottosegretari è del 21,3%.
Quanto ai dati in generale, il livello medio di partecipazione è piuttosto alto, il 75,25% medio per le votazioni, anche se il 21% circa degli eletti ha un tasso di partecipazione inferiore al 60%. Al Senato, tra l’altro, le presenze sono un po’ più alte rispetto a Montecitorio: con il 78,7% di presenza i 200 eletti di Palazzo Madama, forse anche per un effetto numerico, sono meno assenteisti dei colleghi deputati, che si fermano al 74%.
Trentasette parlamentari, tra cui dobbiamo annoverare anche il Cavaliere e la premier, Calenda e il numero uno del Carroccio, hanno un tasso di partecipazione che va dallo 0 al 15%, e in cui spicca soprattutto il presidente onorario della Lega, Umberto Bossi, fermo allo 0,38% di partecipazione alle votazioni dovuto soprattutto alle sue precarie condizioni di salute. Ma molto poco presenti ci sono anche Antonio Angelucci, sempre del partito di Salvini, all’1,44%, Marta Fascina, la compagna di Berlusconi, all’1,73% e Giulio Tremonti, di Fratelli d’Italia, presente solo al 7,5% delle votazioni perché molto spesso in missione all’estero.
Chi, al contrario, è un esempio virtuoso di presenza, sono i gruppi politici dell’alleanza Verdi e Sinistra, con poco più del 10% delle assenze, seguiti dai pentastellati, presenti, invece, per più dell’80% alle sedute del Parlamento, ma bene anche i deputati e senatori dei dem, che rimangono di poco sotto la soglia dell’80%. Andando avanti, poi, si trovano i membri del gruppo misto (76,36%), quelli di Fratelli d’Italia (74,94%), Azione e Italia Viva (72,47%), Lega (68,2%), Forza Italia (64,77%) e Noi Moderati (62,97).
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