Caso camici Lombardia, perquisita l’azienda del cognato di Fontana

Perquisizioni delle Fiamme gialle presso la “Dama spa”, società di cui è amministratore delegato Andrea Dini, cognato del governatore della Lombardia Attilio Fontana. L’attività investigativa della Guardia di finanza si sviluppa nell’ambito dell’inchiesta sul caso “camici lombardi”, in cui entrambi risultano indagati (per frode in pubbliche forniture e turbata libertà di scelta del contraente). I militari del Nucleo Speciale di Polizia valutaria, su delega della Procura di Milano, erano alla ricerca di elementi probatori sulla mancata consegna di 25mila camici (poi ritrovati, secondo Ansa) alla Regione (avvenuta dopo che la fornitura di 75mila unità si sarebbe tradotta nelle vesti di donazione in corso d’opera).

Perquisizioni nell’azienda di Andrea Dini, cognato di Fontana

Perquisita la sede della “Dama spa”, azienda che conta sulla figura di Andrea Dini come amministratore delegato. Lui è il cognato del presidente della Lombardia Attilio Fontana, ed entrambi sarebbero stati iscritti nel registro indagati con l’ipotesi di frode in pubbliche forniture e turbata libertà di scelta del contraente.

Il caso riguarda la fornitura di camici e altri dispositivi di protezione alla Regione durante la fase più acuta dell’emergenza Covid, e ora la Procura di Milano punta l’attenzione su conti in Svizzera, bonifici e condotte che potrebbero restituire una cornice nitida alla posizione dei due nella vicenda.

Il governatore si è detto più volte sereno, disposto a proseguire il suo mandato al vertice della politica regionale perché certo dell’assenza di illeciti, ma le ombre si alternano alle luci in una vicenda ancora tutta da chiarire. L’attività di indagine prosegue incessante, ed emergono nuovi lineamenti dell’inchiesta che lo vede coinvolto in prima persona insieme al fratello di sua moglie.

La donazione in corso d’opera

Le Fiamme Gialle avrebbero controllato se la partita di 25mila camici mai consegnata si trovava ancora nel magazzino dell’azienda di Dini. La Regione avrebbe dovuto riceverne 75mila (per un valore complessivo di circa 513mila euro) ma ne sarebbero stati consegnati soltanto 50mila. Proprio la fornitura parziale avrebbe fatto da culla alle ipotesi di reato avanzate a carico degli indagati.

Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, non esisterebbe traccia di un atto formale, da parte della Regione, per trasformare la fornitura in donazione. La ricerca attivata dagli inquirenti tra le carte di Aria, la centrale acquisti regionale, avrebbe dato un esito negativo: nessuna delibera sulla materia. Quindi, tecnicamente sarebbe ancora in vita il contratto che prevede la consegna di 75mila pezzi (25mila, non consegnati, mancherebbero all’appello dei pm).

Secondo la ricostruzione emersa finora, la conversione in donazione avrebbe incassato il parere negativo dell’ufficio legale di Aria, e l’ordine senza gara che prevedeva la consegna di 75mila camici non sarebbe stato completato proprio a causa della consegna incompleta. La lente investigativa si sarebbe posata su un tentato bonifico di 250mila euro dal conto svizzero di Fontana al cognato (con cui avrebbe cercato di risarcire Dini per il mancato introito derivato dalla fumata nera sulla fornitura), operazione poi bloccata come sospetta e segnalata a Bankitalia prima di finire nel fuoco delle indagini.

Ritrovati e sequestrati i 25mila camici

Secondo quanto riferito dall’Ansa, la perquisizione presso la sede Dama si sarebbe conclusa con l’effettivo ritrovamento dei 25mila camici non consegnati facenti parte della fornitura ad Aria.

La Gdf li avrebbe sequestrati e si troverebbero ora sotto custodia come corpo del reato, a disposizione dell’autorità giudiziaria. Sarebbero le unità mancanti del lotto di 75mila unità da destinare alla Regione, fornitura rimasta poi incompleta e diventata “donazione” per rimediare al conflitto di interessi.

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