La Cassazione ha confermato la condanna a 10 anni per l’ex coordinatore regionale di Forza Italia Nicola Cosentino. L’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 10 anni di reclusione per l’ex sottosegretario di Forza Italia Nicola Cosentino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, nella specie camorra. Gli ermellini della sesta sezione penale della Corte hanno respinto il ricorso presentato dai legali di Cosentino.
In sede di requisitoria, anche Silvia Salvadori, Sostituto Procuratore generale della Corte di Cassazione, ha chiesto la conferma della condanna pronunciata in secondo grado dalla quarta sezione della Corte d’Appello di Napoli, come epilogo di un processo costruito attorno alle vicende legate alla società Eco4, impegnata nello smaltimento dei rifiuti. L’ex coordinatore regionale sarebbe stato il referente politico, a livello nazionale, del clan camorristico dei Casalesi; organizzazione dalla quale, secondo la ricostruzione dei magistrati, aveva ricevuto un significativo supporto elettorale nel corso della sua carriera politica.
Era il 2008 quando il collaboratore di giustizia Gaetano Vassallo faceva il nome di Cosentino quale “rappresentante” politico nazionale del clan dei Casalesi, con il quale l’ex sottosegretario avrebbe siglato un accordo per avere appoggio elettorale in cambio di una serie di favori ai camorristi (cd. scambio elettorale-politico mafioso).
Tra le accuse mosse, da qui il nome dell’inchiesta e poi del processo “Eco4“, ci sarebbero le agevolazioni concesse nell’ambito dell’appalto aggiudicato nel 1999 dai fratelli Orsi, imprenditori campani sotto l’influenza del clan Casalesi.
In particolare la gara cui fa riferimento l’intera vicenda processuale è quella messa a bando dal Ce4, un consorzio che raggruppa venti comuni nella zona del casertano impegnato nell’attività di smaltimento di rifiuti.
Secondo la ricostruzione dei magistrati sarebbe stato proprio il contributo di Cosentino a consentire ai fratelli Orsi di associarsi al Ce4, fondando la società Eco4.
In primo grado Cosentino è stato condannato in quanto “referente nazionale del clan dei Casalesi”, almeno sino al 2004. Senonché la Direzione Distrettuale Antimafia (cd. Dda) di Napoli ha presentato appello sostenendo che il sostegno dell’ex sottosegretario ai Casalesi sarebbe perdurato quantomeno sino agli anni 2007-2008. La Corte d’Appello ha accolto il ricorso, incrementando le pena rispetto a quanto statuito dai giudici di prime cure.
Cosentino non è nuovo alle condanne. A suo carico vi è anche quella a quattro anni per aver corrotto un agente di polizia penitenziaria della Casa circondariale di Secondigliano (NA), ove Cosentino ha scontato la detenzione preventiva dopo essersi costituito. A suo carico infatti vi erano due ordinanze di custodia cautelare in carcere. Una emessa per il reato di concorso esterno in associazione camorristica (e che oggi lo ha portato alla condanna definitiva), e l’altra per corruzione e reimpiego illecito di denaro, con l’aggravante mafiosa.
Un’altra condanna definitiva è quella a dieci mesi per i reati di diffamazione e violenza privata in danno dell’ex Presidente della Regione Campania Stefano Caldoro.
Ma non solo condanne. Lo scorso 3 marzo, i giudici di legittimità hanno confermato l’assoluzione di Cosentino nell’ambito del processo cd. “Il Principe e la scheda Ballerina”, nell’ambito del quale era stato sottoposto a misura cautelare. In quell’occasione Cosentino è stato chiamato a rispondere di tentato impiego di denaro illecito, aggravato dal metodo mafioso, relativamente alla costruzione, a Casal di Principe (CE), di un centro commerciale su ordine dei Casalesi. Per questi fatti il tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva condannato Cosentino a 5 anni e mezzo di reclusione. I giudici di secondo grado, con sentenza del 29 settembre 2020, hanno però ribaltato la decisione assolvendo l’ex coordinatore “per non aver commesso il fatto”.
Ma Cosentino vanta anche di un’altra assoluzione, quella ottenuta nel procedimento cd. “Carburanti”, in cui l’ex coordinatore di Fdi si trovava co-imputato insieme ai fratelli e che vedeva coinvolte tutte le società di carburanti della famiglia Cosentino.
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