Campi Flegrei, secondo una recente ricerca pubblicata su “Communications Earth & Environment”, ci stiamo avvicinando sempre di più alla rottura della crosta, che potrebbe avere delle grosse conseguenze per la popolazione.
Per adesso i risultati non richiedono implicazioni dirette che hanno a che fare con la sicurezza di coloro che abitano nel territorio.
Purtroppo però gli episodi di sollevamento che si sono verificati negli ultimi dieci anni, stanno causando in maniera evidente l’indebolimento di tutta la crosta della Caldera per cui la situazione deve essere ovviamente presa in considerazione e tenuta sotto controllo.
Chi ha portato a termine gli studi
La Crosta della Caldera dei Campi Flegrei, si starebbe indebolendo sempre di più. Per questo bisogna controllare la zona e cercare di fare una valutazione della pericolosità oggettiva per tutti.
Ad essere impegnato nello studio è stato Christopher Kilburn, nonché professore di Vulcanologia all’University College London (UCL). Poi Stefano Carlino, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Osservatorio Vesuviano (INGV-OV). Nicola Alessandro Pino, nelle vesti di primo ricercatore INGV-OV e Stefania Danesi, primo ricercatore INGV Sezione Bologna.
Nessun allarmismo, la situazione è da valutare
I risultati della ricerca non devono assolutamente allarmare la popolazione, bisogna semplicemente cercare di trovare una soluzione alla difficile problematica in tempo. Perché la crosta sta passando dalla fase elastica alla fase inelastica, molto lentamente ma in maniera alquanto pericolosa.
Si sottolinea che non è certo che ci sia un’evoluzione nel breve tempo, ma questo potrebbe avvenire e non si può assolutamente escludere. A breve, si parla comunque di anni, si potrebbe aprire una crepa e potrebbe uscire una grande quantità di magma, che potrebbe mettere a rischio chi abita nei dintorni. Questo è chiaro.
Il numero dei terremoti di breve entità è in aumento, ecco cosa indica e cosa si può fare
Dal 2017 ad oggi non a caso il numero dei terremoti è aumentato sempre di più, andando ad indicare una pressione proveniente dal basso abbastanza forte. L’attività è causata dai movimenti a tre chilometri di profondità, fatti di gas di natura vulcanica e magma.
Per il momento si può attribuire tutto ciò ad una causa di origine idrotermale. Ma non si può escludere un contributo magmatico che potrebbe avere delle conseguenze ben più gravi. Un’eventuale eruzione sarebbe preceduta da meno terremoti e sollevamento del suolo.
Gli studiosi comunque continueranno ad effettuare delle analisi quantitative, a registrare qualsiasi segnali dopo segnali, con lo scopo di avere in mano delle valutazioni attendibili. Tutto questo per capire qual è la reale pericolosità vulcanica in modo tale da agire in tempo.