Manuel voleva essere in piazza San Carlo a Torino perché sperava di festeggiare insieme agli altri tifosi della Juventus la vittoria della Champions League. Con un amico e il cugino è partito da Ariccia, sui Castelli Romani, e dopo ore di treno ha raggiunto il capoluogo piemontese. Sciarpa e maglietta bianconera addosso, come migliaia e migliaia di tifosi arrivati da tutta Italia per invadere una città che è anche granata.
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Per Manuel Pennazza, magazziniere di 26 anni, la serata si è trasformata però in incubo. E non solo a livello calcistico, visto che la Juve è stata surclassata dal Real Madrid di Cristiano Ronaldo, vedendo tramontare per l’ennesima volta il sogno Champions. Sulla piazza bianconera sabato sera hanno aleggiato i fantasmi dell’Isis e dell’Heysel. Dell’Isis perché ormai basta un niente, un falso allarme bomba, un petardo o lo scherzo di un cretino, per scatenare il panico generale, come se un kamikaze ci fosse per davvero. Dell’Heysel, perché si è rischiata una strage simile a quella avvenuta a Bruxelles nel 1985, quando prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool morirono 39 persone, di cui 32 italiane, schiacciate nella calca causata dalla violenza ultras.
Una calca come quella che si è venuta a creare in piazza San Carlo a Torino durante Juve-Real, che ha provocato oltre 1500 feriti, tra cui alcuni gravi. Una strage evitata per miracolo. Manuel era in mezzo alla folla impazzita, non lontano dal bimbo cinese di sette anni finito in coma, e non dimenticherà mai «il rumore di tutte quelle persone che si stavano per scagliare verso di noi, sembrava che la terra si stesse aprendo», e per terra «tutto quel sangue, sembrava la guerra». Ha raccontato in esclusiva a NanoPress cosa è successo in quei dieci minuti infiniti.
In che posizione ti trovavi?
«Ero al centro della piazza, a circa 30-40 metri dal maxischermo, quasi sotto la statua del cavallo».
Quando è scoppiato il caos?
«Tutto è cominciato appena un minuto dopo il gol del 3-1 di Cristiano Ronaldo. Si è iniziato a sentire un rumore forte e intenso come se ci fosse un terremoto per circa tre secondi, nemmeno il tempo di realizzare che l’enorme marea di persone impazzite si scagliava verso noi».
Cosa hai fatto?
«L’istinto ci ha detto di scappare insieme alla marea, ma senza capire cosa stesse succedendo. Si sentivano persone urlare che c’era una bomba, e in questi tempi notizie del genere provocano paura».
Cosa è successo?
«Fuggendo molte persone sono cadute e per terra c’era una quantità immensa di bottiglie di vetro vendute dai bibitari abusivi, nonostante all’ingresso la polizia le sequestrasse ad ogni persona. La marea si è spinta tutta verso i portici, dalla parte opposta rispetto ai filmati che girano sul web, e siamo rimasti tutti accalcati e pressati lì sotto. C’era chi ancora continuava a urlare che ci potesse essere un attentato. Nel fuggire ho smarrito mio cugino e il mio amico, ritrovati circa un ora dopo».
C’è stata una seconda calca?
«Sì, dopo circa dieci minuti di caos sembrava tornare tutto alla normalità, quando all’improvviso c’è stata una nuova carica di persone fuggite in senso opposto al punto dove mi trovavo. Ho pensato che potessimo davvero essere in serio pericolo, perché una volta ci si può sbagliare ma la seconda no».
Come ti sei salvato dalla calca?
«Fuggendo la seconda volta sono caduto sopra un ragazzo che mi ha salvato dal terreno stracolmo di vetri. Lui mi proteggeva dai vetri e io dalle persone che ci passavano sopra per fuggire. Ormai regnava la paura e si vedevano persone farsi largo con la forza a suon di cazzotti in faccia per il panico, solo per salvarsi».
E poi?
«Finita la seconda ondata sembrava una scena di guerra: sangue ovunque, scarpe ovunque, borse, telefoni e oggetti personali ovunque. Persone piene di sangue che cercavano amici o parenti, padri di famiglia scioccati, figli impietriti, signore e ragazze immobilizzate. Andando verso la prima ambulanza iniziavo a vedere che non c’erano solo feriti di tagli o contusioni come potevo essere io, ma persone con convulsioni o attacchi di cuore».
Cosa hanno fatto organizzatori e forze dell’ordine?
«Nessuno durante il panico generale ha fatto qualcosa per calmare le acque, né le forze dell’ordine né gli organizzatori. Forse se qualcuno avesse detto che non c’era nessun pericolo non ci sarebbero stati tutti questi feriti».
Dove sei stato soccorso?
«All’ospedale sembrava la guerra, sangue ovunque e tantissimi ragazzi in attesa. Qua mi è sembrato tutto molto organizzato, c’è da ringraziare i medici ma anche gli operatori delle ambulanze in piazza, che si sono fatti in quattro per aiutare i feriti».
Hai avuto paura di morire?
«Sì, la paura è stata tanta. La cosa che più mi rimarrà impressa è il rumore di tutte quelle persone che si stavano per scagliare verso di noi, sembrava che la terra si stesse aprendo».
Pensi che i terroristi in un certo senso abbiano vinto?
«Credo vivamente che abbiamo vinto loro, è bastata una cavolata per rischiare di fare più morti di quanti ne fanno loro».
Parteciperai più a un evento in piazza del genere?
«Ci saranno sempre occasioni simili, come in discoteca, allo stadio o alla festa di paese. Non possiamo limitare la nostra vita per la paura, altrimenti non sarebbe più vita. Il trauma c’è, ma allo stesso modo ho voglia di dimenticare tutto quel sangue, tutte quelle persone sofferenti e scioccate. Per cosa poi? Per uno scherzo o un errore…».
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