Carne rossa e cancro: quali sono i numeri reali del rischio? Molte polemiche sta creando l’annuncio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul legame tra consumo di carne e maggiore rischio di sviluppo del tumore al colon. Sulla scia della notizia si sono diffusi diversi allarmi, anche se in realtà, per comprendere meglio il tutto, si dovrebbero conoscere i veri numeri che riguardano il pericolo. Secondo l’OMS, ad essere imputati sono due tipi di carne, quella rossa e quella lavorata. In particolare il rischio maggiore di ammalarsi sarebbe collegato al consumo della carne trattata. Vediamo di capirne di più.
Come può essere inteso il rischio di ammalarsi
Quando si parla di rischio, si indica la probabilità che possa verificarsi un evento. Dobbiamo distinguere tra rischio assoluto, che fa riferimento alla possibilità che qualcosa accada nel corso di un determinato periodo di tempo, e rischio relativo, che indica l’incremento o la riduzione della probabilità di ammalarsi per chi rientra nell’ambito di alcuni fattori di rischio, come per esempio può essere la predisposizione genetica alla patologia. La IARC (International Agency for Research on Cancer), che ha sede a Lione, è arrivata alla conclusione che ci sarebbero prove convincenti sul fatto che le carni lavorate possano far aumentare il rischio di incorrere nel cancro.
A quanto ammonta la probabilità
La domanda che ci si potrebbe porre è la seguente: se si mangiano molte carni lavorate, a quanto ammonta la probabilità di sviluppare un tumore al colon? E’ impossibile dare una risposta certa, anche perché lo sviluppo della malattia è determinato dal concorso di vari fattori, non solo alimentari, ma anche ambientali. Influiscono la genetica e lo stile di vita.
Secondo la IARC, ci sarebbero prove significative sul fatto che un consumo giornaliero di 50 grammi di carni lavorate possa far aumentare del 18% il rischio di arrivare a sviluppare un tumore al colon. Questo non vuol dire che si abbia il 18% di probabilità.
Facciamo un esempio per capire meglio la situazione. Se il rischio era dell’1%, vuol dire che in realtà il pericolo diventa dell’1,18%. Succede, quindi, che quell’1% di rischio aumenta del 18% e non che le persone hanno un 18% di probabilità di ammalarsi. In Italia il rischio individuale si aggira intorno al 5% nel corso di una vita. Il 18% in più porta a far aumentare il rischio, facendolo arrivare a circa il 6%. La variazione, di conseguenza, non è poi così alta.
La cottura
Le probabilità di aumento del rischio sono anche da considerare in relazione al tipo di cottura a cui viene sottoposta la carne. Se quest’ultima viene cotta ad alta temperatura, utilizzando, ad esempio, il barbecue, c’è la possibilità che si sprigionino agenti nocivi, che potrebbero influire negativamente sulla salute. Nonostante questo l’OMS non è, però, riuscita a provare scientificamente quali siano i corretti procedimenti di cottura, per stabilire delle indicazioni più precise.
Chi decide di mangiare soltanto carne bianca non è esente da ogni pericolo: è vero che le carni bianche sono più magre e che non ci sono report dell’OMS al riguardo, ma questo accade semplicemente perché la questione non è stata mai valutata fino ad ora.
La classificazione dell’OMS: il fumo come la carne rossa?
Un luogo comune vuole che mangiare carne rossa faccia male come fumare una sigaretta. Non è esattamente così: l’OMS, infatti, ha inteso classificare i cibi e le sostanze in 5 gruppi. Nella categoria 1 sono rientrate le carni lavorate insieme all’alcool e al fumo. Questo, però, non significa che tutti questi prodotti e queste abitudini siano pericolosi allo stesso modo. La carne rossa appartiene alla categoria 2, insieme agli steroidi, ai fritti e ai cosmetici. E’ da specificare che rientrare nello stesso gruppo non significa mettere i rischi sullo stesso piano.
Anche in questo caso un esempio può chiarire la questione. E’ stato appurato che nel 2013 in tutto il mondo sono morte 34.000 persone di cancro che consumavano ogni giorno un’altissima quantità di carni lavorate. Il fumo di sigaretta, invece, sempre nello stesso periodo ha causato la morte di un milione di individui. Il livello è molto diverso, quindi, anche se il tumore al colon-retto non dovrebbe essere sottovalutato, visto che rappresenta una delle principali cause di morte in Europa, colpendo in Italia 40.000 donne e 70.000 uomini ogni anno. E’ stato calcolato che, sempre a causa del cancro, nel mondo muoiono circa 600.000 persone per tumori che sono collegati al consumo di alcool e altre 200.000 per l’inquinamento atmosferico.
E’ vero che la carne rossa è molto grassa e alcune ricerche scientifiche recenti sostengono che possa danneggiare l’interno dell’intestino. E’ anche vero che gli insaccati sono potenzialmente cancerogeni, soprattutto perché nella lavorazione vengono aggiunti dei conservanti chimici pericolosi. Il problema, però, riguarda le abitudini individuali, mettendo l’accento sul fatto che un fattore di rischio rappresenta qualcosa di diverso dalla vera e propria causa di una malattia.
Cosa fare per la prevenzione
Nei Paesi occidentali il tumore al colon-retto può essere considerato il secondo tipo di cancro per incidenza e mortalità. Non colpisce molto nei primi 40 anni di vita, mentre diventa più frequente dai 60 agli 80 anni. Per fare una corretta prevenzione, specialmente se si è a rischio elevato a causa di presenza di altri casi in famiglia, bisognerebbe seguire una dieta povera di grassi, ma ricca di fibre, di molti vegetali e di frutta. Dopo 50 anni ci si dovrebbe sottoporre ogni 2 anni ad un esame delle feci e ogni 10 anni ad una colonscopia. Soltanto in questo modo è stato stimato che il 75% dei tumori viene individuato per tempo.
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