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Caro benzina: il prezzo del carburante continua a salire, ma quanto guadagna un benzinaio da ogni litro?

Le parole “caro benzina” sono termini che noi italiani abbiamo sentito così spesso negli ultimi anni da non farci più caso. Trovare alla stazione di servizio il carburante sopra l’1,50 € è prassi consolidata, ci siamo ormai abituati. Detto ciò, del costo elevato invece ce ne lamentiamo costantemente, dando la responsabilità dei continui aumenti ai Governi e allo Stato, ma anche ai gestori delle stazioni, colpevoli di fissare prezzi assurdi, guadagnando un sacco di soldi dai nostri rifornimenti.

Ma quanto instascano i benzinai da un litro di gasolio? Quanto incassa un distributore di carburante dai nostri pieni alle vetture? Sono colpevoli anche loro degli assurdi prezzi della benzina? E’ veramente tutto oro quello che luccica? Vediamo di addentrarci all’interno di un mondo molto complesso, per comprendere nei dettagli quanto guadagna una stazione di rifornimento da un litro venduto.

Il mondo dei benzinai

[didascalia fornitore=”altro”]Di JNP/Shutterstock.com[/didascalia]

Per arrivare a capire quanto guadagna un benzinaio, bisogna spiegare prima come si articola il settore. Esistono diverse categorie di stazioni di servizio:

1) Stazioni di proprietà dei distributori di carburante (Esso, Q8, Tamoil, Agip, etc) dove il personale che ci lavora sono dei dipendenti delle case distributrici. Quindi qui è a monte che si decide il prezzo del litro di diesel/benzina.

2) Stazioni di proprietà dei distributori ma date in comodato d’uso ad altre persone, i quali versano un fisso mensile alla casa distributrice e vendono la loro benzina prodotta. Anche qui è la casa a gestire il prezzo, mentre la stazione di riforimento può applicare sconti o aumenti. In entrambi i casi è la sua marginalità che viene toccata, non quella della casa madre, che è fissa.

3) Stazioni indipendenti, che negoziano in regime di libero mercato il carburante e che possono rivolgersi oggi a questo, domani a quel fornitore, per riempire i propri serbatoi. Sono i cosiddetti “senza marca”, dove di solito la benzina costa meno in quanto la pagano meno, andando al migliore offerente.

Ogni distributore può allargare il proprio business aggiungendo autolavaggio, officina, gommista, bar, ristorante, tabacchi, etc.

Tutte le accise e quanto rincarano

[didascalia fornitore=”altro”]Di n_defender/Shutterstock.com[/didascalia]

A periodi ritornano spesso di moda, soprattutto quando ne viene inserita una nuova. Parliamo naturalmente delle accise, contributi da versare riguardanti fatti avvenuti nel passato, ma che ancora oggi continuiamo a pagare regolarmente per ogni litro di benzina venduto. Di seguito le accise che pesano sul costo finale.

  • 0,000981 euro: finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935-1936
  • 0,00723 euro: finanziamento della crisi di Suez del 1956
  • 0,00516 euro: ricostruzione post disastro del Vajont del 1963
  • 0,00516 euro: ricostruzione post alluvione di Firenze del 1966
  • 0,00516 euro: ricostruzione post terremoto del Belice del 1968
  • 0,0511 euro: ricostruzione post terremoto del Friuli del 1976
  • 0,0387 euro: ricostruzione post terremoto dell’Irpinia del 1980
  • 0,106 euro: finanziamento della guerra del Libano del 1983
  • 0,0114 euro: finanziamento della missione in Bosnia del 1996
  • 0,02 euro: rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004
  • 0,005 euro: acquisto di autobus ecologici nel 2005
  • 0,0051 euro: terremoto dell’Aquila del 2009
  • da 0,0071 a 0,0055 euro: finanziamento alla cultura nel 2011
  • 0,04 euro: arrivo di immigrati dopo la crisi libica del 2011
  • 0,0089 euro: alluvione in Liguria e Toscana nel novembre 2011
  • 0,082 euro (0,113 sul diesel): decreto “Salva Italia” nel dicembre 2011
  • 0,02 euro: terremoti dell’Emilia del 2012

Facendo un rapido calcolo si arriva a 50 centesimi di euro solo di accise. A tutto questo si somma la cosiddetta imposta di fabbricazione sui carburanti, che porta il totale finale a 0,7242 euro per litro per la verde e 0,6132 euro per il gasolio IVA esclusa. Aggiunta anche questa, al 22%, si ottengono 0,8835 euro nel primo caso e 0,7481 euro nel secondo. Questa è la cifra che va in tutte le tasse per ogni litro di carburante. Sottraiamola al costo di un litro dal distributore dove andiamo regolarmente a rifornirci ed ecco quanto verrebbe realmente al netto la benzina.

Naturalmente tutto ciò porta ad avere la benzina tra le più costose d’Europa. Al 2 luglio 2018 il prezzo medio del carburante in Italia è di 1.637 euro al litro di benzina e 1.517 euro al litro di gasolio. Sorprendentemente è l’Islanda lo Stato dove costa di più nel Vecchio Continente, con oltre 1.8 euro al litro di verde. Anche in Norvegia la benzina è più cara che da noi, Grecia, Danimarca e Olanda hanno prezzi simili. In Francia, Germania, Svizzera, Austria e Spagna costa qualcosa di meno, mentre il paradiso europeo è la Bielorussia, con 0.591 euro al litro.

Ma quanto intasca veramente un benzinaio?

[didascalia fornitore=”altro”]Di ikayaki/Shutterstock.com[/didascalia]

Se oltre il 50% va in tasse, il resto del guadagno sul litro di carburante non se lo intasca minimamente il gestore. Sono le case distributrici a prendersi praticamente tutto il rimanente, lasciando al gestore una media di 3,8 centesimi di euro al litro di carburante venduto, 38 euro ogni mille litri. Teniamocela a mente questa cifra, perché ricorrerà molte volte.

Nel corso degli anni le aziende petrolifere hanno reso sempre più difficile la vita ai distributori, rosicchiando anno dopo anno la loro marginalità, sino a lasciargli le briciole per la sopravvivenza, non di più.

Da questo diventa chiaro quanto un benzinaio lavori sulla quantità di benzina venduta, in modo da avere più guadagno. E poi cercare di implementare il proprio bottino con attività collaterali, come bar e ristoranti. Purtroppo non è così semplice, vediamo i motivi.

[didascalia fornitore=”altro”]Di Ansa[/didascalia]

All’estero si trovano molti pochi benzinai su strade e autostrade. Ci siamo abituati troppo bene da noi a vedere un distributore ogni pochi metri, mentre nel resto d’Europa non funziona così. Se questo può sembrare un fattore positivo per i guidatori del Bel Paese, è estremamente negativo per il settore. In Italia ci sono oltre 20.000 stazioni di servizio, mentre sono solo 12.522 in Francia, 14.785 in Germania, 8.921 in Gran Bretagna e 9.226 in Spagna. Numeri di gran lunga inferiori, che portano sicuramente maggiori difficoltà agli autisti per rifornirsi, ma che non lasciano sul lastrico i benzinai.

Quindi in primis in Italia le stazioni di rifornimento sono troppe e per questo vendono poco: la media annuale italiana di litri venduti per ogni distributore si aggira sul 1,4 milioni, in Germania la media è di quasi 4 milioni, quella europea è circa 3 milioni di litri annui. Troppa disparità di vendita, che porta i colleghi europei a guadagnare cifre molto più elevate rispetto a quelli in Italia, dove ci sono circa 5 mila impianti sotto i 350 mila litri venduti all’anno, troppi pochi per sopravvivere. Quindi con meno benzinai ci sarebbero più vendite per tutti, come nel resto d’Europa.

Attenzione: la concorrenza in questo caso non c’entra nulla. Le case distributrici fanno accordi di “cartello”, decidendo un prezzo uguale tra loro, costringendo quindi i benzinai a mettere un prezzo inferiore del carburante rispetto al vicino concorrente, prendendoci sul suo utile, non su quello della casa madre. Quindi quando vediamo due distributori vicini e da una parte il gasolio costa di meno che dall’altra, è perché quel benzinaio ha deciso di rimetterci parte di quei 3,8 centesimi di euro ogni litro, pur di vendere più dell’avversario. Una lotta tra poveri, mentre i grandi marchi di distribuzione navigano nell’oro.

[didascalia fornitore=”altro”]Di Gerain0812/Shutterstock.com[/didascalia]

All’estero è normale, in Italia praticamente solo nelle autostrade. Nel resto d’Europa ogni benzinaio ha il suo shop, dove vende di tutto, perfino i farmaci. Su tutto questo l’utile è certamente maggiore, proviamo solo a pensare quanto può intascare un venditore dalla bottiglietta d’acqua venduta a 1,50 euro, ricordandoci che da un litro di benzina guadagna 3,8 centesimi…

I margini sono sicuramente più importanti di quelli che si possono ottenere dalla mera vendita di benzina. Il business carburanti rappresente soltanto il 45% del reddito per un distibutore tedesco, in Italia, spesso supera il 95%. Nel resto d’Europa le stazioni di servizio realizzano il 70-80% del fatturato con attività diverse dalla vendita dei prodotti petroliferi, mentre in Italia gli impianti che svolgono queste attività sono solo il 15%.

Avendo tante attività collaterali, all’estero una stazione di rifornimento è aperta quasi 20 ore al giorno, in modo da poter servire i clienti quasi sempre e potergli vendere la sua merce in qualsiasi momento. In Italia, fuori dalle autostrade, il distributore alle 19 è già chiuso. Da noi le pubblicità delle aziende petrolifere spingono i clienti a servirsi dei benzinai durante gli orari di chiusura (assenza dei gestori/addetti) per risparmiare, altrove nelle poche ore in cui i distributori non sono aperti il carburante costa un po’ di più e può essere pagato solo in modalità elettronica.

[didascalia fornitore=”altro”]Di Bignai/Shutterstock.com[/didascalia]

Se pensiamo che 38 euro su 1000 litri non siano pochi, in una stazione che magari riesce a vendere all’anno diversi milioni di litri, dobbiamo ricrederci. Si perché, come in tutte le cose in Italia, le spese che deve sostenere un distributore di rifornimento si aggirano intorno al 77% degli introiti. Quindi il 77% di quei 3,8 centesimi a litro guadagnato va nelle spese. Il conteggio di queste tiene conto di: energia elettrica, Tares, commercialista, imposte, smaltimento oli, immissione in fogna, spurgo periodico, materiale di consumo, telefono, commissioni e costi bancari. Rimane quindi il 23% di utile. Non sono però considerati eventuali dipendenti.

ESEMPI PRATICI

Un benzinaio che, fortunatamente per lui, vende 5 milioni di litri all’anno (più del triplo della media italiana) e da ogni litro prende 3,8 centesimi di euro, incassa:

5.000.000 X 0.038 =

TOTALE 190.000 euro annui.

A questo togliamoci il 77% di spese:

190.000 – 77% =

TOTALE 43.500 euro.

Quindi un benzinaio che riesce a vendere tanta benzina, parliamo di 5 milioni di litri, riesce a incassare netti 43.500 euro in un anno. A questi costi sono ESCLUSI quelli di eventuali dipendenti. Gli studi di settore dicono che un solo lavoratore in una stazione di benzina abbastanza frequentata, facendo orari e giorni lavorativi, arriva a poco più di un milione di litri venduti all’anno. Per cui per vendere di più c’è bisogno di più forza lavoro, in modo da poter lavorare a turni, nei weekend e nei festivi, Questo però si traduce in più costi e meno utile, e 43 mila euro spariscono in un attimo.

Come risolvere i problemi

Sperare che le aziende petrolifere incassino meno dagli impianti di distribuzione è impossibile, pensare che vengano tolte delle accise è improbabile. Per cui la domanda è: quale è il modo migliore per aumentare gli introiti dei benzinai, senza naturalmente ritoccare il prezzo al litro? Come al solito, bisogna guardare ai modelli esteri: in primis bisogna ridurre il numero di benzinai nel nostro Paese. Come detto, la media di benzina venduta a stazione è troppo bassa per far guadagnare decentemente i gestori: ci sono oltre 5.000 impianti che vendono troppo poco in Italia e perdono soldi. Il numero giusto si aggira intorno ai 14 mila distributori, contro gli attuali 20 mila. Tanti impianti stanno chiudendo in quanto non riescono a far quadrare i conti, non devono però essere riaperti. Sarà sicuramente molto più scomodo per tutti noi, abituati troppo bene ad avere un benzinaio ogni pochi kilometri, ma il sistema non si regge più in piedi. E poi bisogna aumentare le entrate alternative: autolavaggi, bar, tabacchi (considerato l’abero della cuccagna) sono cose imprescindibili per ogni stazione di rifornimento, non solo quelle autostradali.

Fabio Psoroulas

Fabio Psoroulas è stato un redattore interno di Nanopress fino al 2019, occupandosi di tecnologia, sport, motori.

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