Secondo i dati forniti da Confindustria, sarebbero a rischio 582mila posti di lavoro a causa del caro gas. Previsioni anche sul Pil: -2,2%.
Le previsioni di Confindustria, qualora la crisi e il caro gas dovesse rimanere su questi livelli anche per il 2023. Secondo i dati calcolati in base al prezzo degli ultimi sei mesi, l’impatto potrebbe arrivare per gli investimenti questa volta.
Qualora il prezzo del gas dovesse attestarsi sugli stessi livelli anche per il 2023, l’impatto per l’economia italiana sarebbe molto preoccupante. Lo rivelano i dati di Confindustria, che durante la Congiuntura flash di settembre, ha rivelato che potrebbero essere più di 500mila i posti di lavoro a rischio.
Ben 582mila i posti di lavoro in meno in Italia nel caso in cui il gas dovesse rimanere – come nelle simulazioni condotte – al prezzo di 235/mwh (media di agosto) e di 298/mwh (media attesa).
Nei primi giorni di settembre soprattuto, sono state diverse le manifestazioni contro il caro bollette. In Umbria, a Roma, a Napoli, migliaia di lavoratori – tra cui tanti ristoratori – hanno bruciato le bollette in segno di protesta. Le piccole medie imprese, sono al collasso, con aumenti nell’ultimo anno fino al 140%.
Il dato da prendere in considerazione per le proiezioni è quello dei primi sei mesi del 2022, ossia di 99 euro. Anche il Pil ne risentirebbe, da quanto mostrato dalle proiezioni, visto che ci troveremmo davanti a un calo nella crescita del 2,2% e del 3,2%, per quanto riguarda il 2022 e il 2023. In queste previsioni, sono a rischio nei due scenari dai 383mila posti di lavoro in meno, ai 582mila.
Secondo l’associazione Confindustria inoltre, la crisi energetica – derivante anche dallo stop del gas imposto ad agosto e nei mesi scorsi dalla Russia – avrebbe messo all’angolo oltre alle industrie anche gli investimenti.
Non aiuta nemmeno l’inflazione, con cifre da record, che sta per influire in negativo anche sui redditi delle famiglie. La manovra della Banca centrale europea dunque, che ha protetto alzando i tassi dai prezzi al rialzo e il ribasso della moneta, potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio, creando recesso in futuro.
Unica luce in fondo al tunnel la resistenza del nostro Paese, sarebbero le risorse legate alla crescita del settore turistico, e a quella – in minor misura – delle costruzioni.
Al momento resistono occupazione e industria, fanno sapere dall’associazione di Carlo Bonomi, con quest’ultima che ha recuperato uno 0,4% nel mese di luglio, al di sopra addirittura di quella tedesca e francese, che hanno fatto un negativo di 1,4%.
Dopo lo sprint dei cantieri, pare sia cominciata invece una lenta discenda in questo terzo trimestre, mentre il turismo sta decisamente sostenendo l’economia italiana, tornato praticamente a far registrare numeri da pre covid.
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