Buon compleanno Carosello: 60 anni fa, esattamente il 3 febbraio 1957, la Rai mandava in onda il primo spazio televisivo dedicato alla pubblicità. Si trattava di un format molto particolare: non i tradizionali spot che vanno dritti al sodo, come siamo abituati a vederli oggi, ma veri e propri sketch sullo stile del teatro leggero, la cui trama era spesso estranea al prodotto reclamizzato, che veniva svelato soltanto negli ultimi secondi mediante uno slogan capace di restare impresso nella mente dei telespettatori. Il Carosello fu trasmesso ininterrottamente, salvo episodiche eccezioni, per quasi vent’anni, fino al 1° gennaio 1977.
Il Carosello nacque dall’esigenza della Rai di cominciare a trasmettere messaggi pubblicitari, nonostante fosse allora vigente una legge che vietava di fare pubblicità all’interno degli spettacoli televisivi serali e nemmeno nei novanta secondi precedenti. Venne quindi ideato un apposito format (il creatore viene comunemente identificato nel regista Luciano Emmer, che diresse pure la prima storica sigla del programma), in onda quotidianamente dalle 20:50 alle 21:00, suddiviso in due parti ben distinte: la prima, della durata di circa 1 minuto e 45 secondi, conteneva la ‘scenetta’ di tipo teatrale o cabarettistica, e la seconda, di soli 30 secondi, la parte puramente pubblicitaria nella quale veniva svelato il nome del prodotto con uno slogan di particolare impatto (ce ne sono diversi passati alla storia, da ‘Con quella bocca può dire ciò che vuole’ per un dentifricio a ‘”Le stelle sono tante, milioni di milioni…’ di una nota ditta di salumi).
Erano gli anni del boom economico: gli italiani, archiviata la terribile esperienza della Seconda Guerra Mondiale, avevano voglia di voltare completamente pagina e farsi trascinare dagli effetti dell’epocale cambiamento che stava mutando il nostro Paese da nazione agricola a potenza industriale. C’erano più soldi in tasca per tutti (bei tempi…) e tanta roba nuova da comprare, anche ‘superflua’. Carosello ebbe quindi la funzione pedagogica di ‘indirizzare’ gli italiani nelle loro spese, proponendo una sorta di ‘catalogo’ dei nuovi consumi. Non è un caso, infatti, che gli studiosi di quel periodo decisivo nella storia del nostro Paese attribuiscano al format un ruolo molto importante per lo sviluppo e la crescita delle famiglie italiane.
Il Carosello ottenne un successo immediato e strepitoso, diventando una delle trasmissioni più viste e più amate della nostra TV, al punto da trasformarsi in un appuntamento fisso per milioni di telespettatori (con la frase ‘a letto dopo Carosello‘ che entrò a far parte del linguaggio comune).
La ricetta era semplice: il merito maggiore del Carosello fu quello di rendere gradevole, attraverso la formula degli sketch (che talvolta venivano proposti pure a episodi), un qualcosa di comunemente ‘fastidioso’ come la pubblicità. In questo ebbero ovviamente grande merito i testimonial, attori, cantanti e altri personaggi del mondo dello spettacolo, che prestarono il loro volto ai vari spettacolini del Carosello. Qualche nome? Totò, Vittorio Gassman, Eduardo De Filippo, Peppino De Filippo, Erminio Macario, Nino Manfredi, Alberto Sordi, Giorgio Albertazzi, Mike Bongiorno, Corrado, Dario Fo, Franca Rame, Domenico Modugno, Mina, Raffaella Carrà, Gino Bramieri, Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello, Sandra Mondaini, Walter Chiari, Virna Lisi e persino qualche celebrità straniera come Frank Sinatra, Jerry Lewis e Yul Brynner, senza dimenticare indimenticabili personaggi di fantasia o d’animazione tra cui Calimero, Joe Condor, Carmencita, Topo Gigio e l’Omino coi baffi.
Perché allora, visto l’enorme successo, Carosello chiuse i battenti il primo giorno del 1977 dopo neanche vent’anni di onoratissimo servizio? Per tanti motivi, ma per due fondamentali. Innanzitutto la società italiana era cambiata: gli anni del boom avevano lasciato spazio all’inquieta atmosfera post-sessantottina degli anni ’70, e il Carosello, nato e sviluppatosi in un clima di ottimismo e (relativo) benessere, veniva ormai percepito come troppo ancorato a un’Italia che ormai non c’era più. Il secondo motivo era invece di natura decisamente più pratica: le aziende iniziavano a pretendere che gli spot andassero dritti al sodo nella presentazione al pubblico dei loro prodotti, senza gli inutili ghirigori dello sketch iniziale che spesso ‘distraeva’ lo spettatore dal messaggio pubblicitario vero e proprio (per fare un esempio: Calimero era molto più famoso del detersivo che pubblicizzava). E visto che gli inserzionisti pagavano fior di quattrini per la pubblicità, e chi paga ha sempre ragione, la Rai fu costretta ad adeguarsi. Carosello andò definitivamente in pensione (salvo il nostalgico tentativo di reintrodurlo tra il 2013 e il 2014 con Carosello Reloaded) e la TV italiana aprì le porte a una miriade di spot usa-e-getta di 30 secondi ciascuno, gli stessi dei giorni nostri. Meglio? Peggio? Lasciamo che a rispondere sia il gusto personale di ognuno di noi.
Ma in ogni caso: buon 60° compleanno Carosello!