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Prendere delle vecchie carrozze della metro di New York e gettarle in fondo all’Oceano: quello che potrebbe sembrare l’ennesimo scempio alla Natura per mano dell’uomo è in realtà il suo contrario, un progetto ambientale a favore delle specie ittiche che abitano quel lembo di mare. Next Stop, Atlantic è il nome del portfolio realizzato dal fotografo Stephen Mallon, il quale ha seguito per tre anni questa bizzarra costruzione di un habitat artificiale per i pesci dell’Oceano, e salvaguardarli dai predatori, con l’obiettivo di ricreare nel lungo lungo termine la scogliera marina della costa orientale statunitense.
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Il progetto ecologico ha origini in realtà assai più datate: sin dal 2001 infatti i vecchi convogli della metro newyorchese sono stati gettati nell’Atlantico per creare una sorta di grande barriera corallina che si estenda tra il Delaware e la Carolina del Sud, ma è indubbio che il recente lavoro di Mallon abbia contribuito a far conoscere alla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica questo originale ed utile riciclo di vecchi treni, forse perché le foto diffuse sul web riescono a spiegare meglio di tante parole l’idea alla base del progetto. Fino ad oggi sono state più di 2500 le carrozze finite in fondo al mare, dai reperti passati alla storia come la RedBird del 1959 fino ai treni in lamiera degli anni Settanta, per generare questo grande bacino artificiale a favore degli abitanti dei fondali marini.
Il 95 per cento dei fondali marini di questo ampio tratto di oceano è composto unicamente di sabbia, un habitat che gli studiosi ritengono poco attrattivo per i pesci. Grazie a questo insolito utilizzo dei vecchi convogli, in un prossimo futuro potrebbero tornare ad abitare l’Atlantico alcune specie come il lupo di mare e il tautoga, che a loro volta potrebbero calamitare i loro predatori come i pesci vela, il tonno o il delfino. Prima di essere immersi nell’Oceano l’Autorità dei trasporti di New York ha speso milioni di dollari per eliminare dai convogli le parti in amianto, le componenti potenzialmente biodegradabili e i residui degli oli di motore: il bilancio di questi primi 14 anni di vita del progetto è ampiamente positivo, con un 400 per cento in più di fauna marina nel tratto di costa finora coinvolto in questo esperimento, in barba ai dubbi e ai timori degli scettici che temevano fosse azzardato modificare l’habitat naturale. Ed invece non vi è stato un semplice spostamento delle colonie ittiche, ma un vero e proprio aumento. Tutto merito della vecchia metro che attraversava la Grande Mela: chi lo avrebbe mai detto?
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