È arrivata la sentenza di primo grado che ha riconosciuto il diritto di Meta di oscurare la pagina Facebook di Casapound, revocando così le due ordinanze cautelari di segno opposto.
Una sentenza significativa che arriva e ribalta ciò che fino ad ora ha tenuto viva la pagina Facebook dell’associazione ovvero il diritto di espressione. La questione è stata portata avanti per anni, ma ora ha raggiunto un punto di svolta con la sentenza che riconosce il diritto di Meta di eliminare la pagina di Casapound che va contro i principi fondamentali dell’azienda.
Nel 2019 nasce questa vicenda che vede protagonista Casapound e il suo profilo facebook che è stato oscurato. Ovviamente l’associazione di promozione sociale ha subito storto il naso e chiesto ufficialmente che venisse ripristinato il profilo commerciale dell’associazione e anche quello personale dell’amministratore.
A seguito del dibattito tra Meta Platforms Ireland Ltd e Casapound si è avviato un procedimento che ha visto l’associazione politica appellarsi a agendo ex art 700 del c.p.c. dinanzi al Tribunale di Roma. Dopo verifiche attente e dopo aver visionato il regolamento di facebook e dei post che possono essere condivisi si è arrivati ad una prima revisione.
In sostanza il tribunale ha ritenuto che a fronte del pluralismo politico non si poteva ritenere che fossero stati tenuti comportamenti tali da sospendere la pagina di Casapound. Detto ciò anche per il principio della libertà di espressione e opinione ha fatto sì che il ricorso venisse accolto e pertanto la pagina Facebook di Casapound ha potuto rimanere attiva con il suo profilo.
Meta poi però ha proseguito la causa ritenendo la decisione presa giusta, in base alla tipologia di contenuti inneggianti all’odio che propone Casapound. È arrivata ora la sentenza di primo grado che sicuramente farà discutere, ma che ha dato ragione a Meta nella rimozione della pagina Facebook.
Meta e Casapound sono arrivata ad un punto di svolta in merito alla questione del profilo Facebook dell’associazione di promozione politica.
Il tribunale di Roma ha stabilito che i: “discorsi d’odio – in grado di negare il valore stesso della persona così come garantito agli art. 2 e 3 Cost. – non rientrano nell’ambito di tutela della libertà di manifestazione del pensiero, la quale non può spingersi sino a negare i principi fondamentali e inviolabili del nostro ordinamento”. Per i giudici quindi Facebook “aveva il dovere legale di rimuovere i contenuti, dovere imposto anche dal codice di condotta sottoscritto con la Commissione Europea”.
La sentenza rigetta quindi le ordinanze precedenti che sospendevano l’oscuramento del profilo di Casapound: “proposte da parte attrice e, per l’effetto, revoca l’ordinanza cautelare emessa dal Tribunale di Roma, sezione specializzata in materia di imprese, l’11 dicembre 2019 e depositata il 12 dicembre 2019 nel procedimento RG 59264/19”.
Sicuramente la decisione non sarà accettata di buon grado nonostante sia stato accertato l’inno all’odio dell’associazione. Si attende la reazione dell’associazione di promozione politica che siamo sicuri non tarderà ad arrivare.
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