La sentenza di secondo grado per i carabinieri della caserma Levante è arrivata dopo 10 ore di camera di Consiglio.
I legali dei 5 imputati hanno già annunciato il ricorso in Cassazione, in attesa di leggere le motivazioni della sentenza.
Dopo 10 ore di camera di Consiglio è arrivata la sentenza di condanna per i cinque carabinieri della Caserma Levante, coinvolti nel maxi processo che li vede imputati per i reati di tortura, violenze e traffico di droga. I giudici della Corte d’Appello di Piacenza hanno condannato il carabiniere Giuseppe Montella, considerato il leader del gruppo, a 10 anni di carcere.
Salvatore Cappellano è stato condannato a sei anni e quattro mesi, Giacomo Falanga a sei anni, il comandante della caserma – Marco Orlando – a un anno, otto mesi e 20 giorni, grazie al riconoscimento delle attenuanti generiche. Daniele Spagnolo è stato condannato a un anno e due mesi. Per Spagnolo e Orlando è stata decisa la sospensione condizionale.
La Corte d’appello ha ridotto la provvisionale dovuta al ministero della Difesa, in diecimila euro e quella al Nuovo sindacato dei carabinieri e al Pdm in 2mila euro. I legali dei 5 imputati hanno già annunciato il ricorso in Cassazione.
Nella sentenza di primo grado, emessa con rito abbreviato, a Giuseppe Montella era stata inflitta una pena di dodici anni di reclusione. L’appuntato Salvatore Cappellano era stato condannato ad 8 anni di carcere, mentre per Giacomo Falanga la condanna era stata di 6 anni. Il carabiniere Daniele Spagnolo era stato invece condannato a tre anni e quattro mesi, per l’ex comandante di stazione Marco Orlando la condanna era stata di 4 anni.
Nel luglio del 2020 la caserma Levante di Piacenza venne sequestrata – per la prima volta in Italia – a seguito di alcune indagini avviata dagli uomini della Guardia di Finanza e dalla Polizia.
L’inchiesta era scaturita da un’indagine sul traffico di sostanze stupefacenti, reso possibile anche grazie all’intercessione di uno dei carabinieri che prestava servizio presso la stazione di Piacenza. Il militare, considerato il leader del gruppo, avrebbe gestito un’attività di spaccio sfruttando la sua divisa, tramite degli spacciatori di sua conoscenza.
“Non vi era non solo l’obiettivo di rifornirsi della droga, ma anche di sembrare più bravi degli altri, arrestando più persone possibile”
aveva spiegato il pm durante il processo di primo grado.
Tra le ipotesi d’accusa a carico dei 5 militari imputati nel processo ci sarebbero anche le certificazioni false fornite da uno dei carabinieri ad alcuni pusher di fiducia, per consentirgli gli spostamenti durante il lockdown, necessari al rifornimento di droga. Tra le accuse anche l’appropriazione di droga, oltre al pestaggio di un uomo, la cui foto sarebbe stata ritrovata proprio sul cellulare di uno degli indagati.
Nella caserma ci sarebbe stata addirittura un’orgia, con due escort, organizzata nell’ufficio del comandante, stando a quanto riferisce Fanpage.
Le indagini sarebbero partite dalla denuncia di un militare che lavorava nella caserma e che si sarebbe tenuto fuori dalle attività illecite portate avanti dai suoi colleghi.
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