Lo scandalo della caserma Levante di Piacenza – con l’arresto di 7 carabinieri e il sequestro della stazione – si arricchisce di altri particolari inquietanti: spuntano gli audio choc di pestaggi e risate, intercettazioni finite al centro della scottante inchiesta della Procura. Tortura, spaccio ed estorsione sono solo alcune delle ipotesi di reato a carico dei militari indagati.
Le intercettazioni alla caserma Levante di Piacenza
“L’ho fracassato, uno si è pisciato addosso. (…) Aveva un Mac, gliel’ho distrutto“: sarebbe questo uno dei passaggi choc delle intercettazioni emerse nell’ambito dello scandalo della caserma Levante di Piacenza, con 7 carabinieri arrestati tra gli indagati e il sequestro dell’intera stazione ai fini dell’indagine.
Si tratterebbe, scrive SkyTg24, dello stralcio di una conversazione registrata dagli inquirenti in cui uno dei militari descriverebbe l’acquisto di una nuova auto. Un racconto che riguarderebbe botte e minacce ad alcuni dipendenti di una concessionaria, nel tessuto di un’estorsione finalizzata all’ottenimento di un’automobile che risalirebbe al febbraio scorso: “Hai presente Gomorra? Tu devi vedere gli schiaffoni che gli ha dato“.
Parole che richiamerebbero il perimetro di violenze gratuite e condotte nella convinzione di restare impuniti, “irraggiungibili“, di uscire comunque “puliti” perché coperti dal muro di silenzi delle vittime. Di un altro episodio ai danni di un civile arrestato, un altro militare avrebbe così commentato: “Quando ho visto la chiazza di sangue ho detto ‘‘mo l’abbiamo ucciso”‘, e ancora “Non ti preoccupare, i denti non li teneva“.
E ancora, un altro carabiniere: “Ho fatto un’associazione a delinquere ragazzi (…) abbiamo fatto una piramide: sopra ci stiamo io, tu e lui… ok? (…) siamo irraggiungibili“.
Sarebbero circa 75mila le intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche sul tavolo degli inquirenti, una mole di elementi dal potenziale schiacciante confluiti nella maxi operazione “Odysséus” che ha acceso i riflettori sul caso.
Torture, arresti illegali, spaccio, estorsioni, falsità ideologica: queste alcune delle gravissime ipotesi di reato emerse nel corso dell’inchiesta. Pesantissimo il quadro emerso dalle dichiarazioni del procuratore capo di Piacenza, Grazia Pradella, in conferenza stampa: “Abbiamo poi il rilascio di false attestazioni da parte del pubblico ufficiale finalizzato al trasporto dello stupefacente in periodo Covid. Non se lo merita l’Arma ma non se lo merita neanche la città di Piacenza, la città stava contando i suoi morti e questo signore firma e controfirma un’autocertificazione per permettere allo spacciatore di muoversi verso la Lombardia per procacciarsi lo stupefacente, dicendo ‘Se ti fermano fai vedere che sei stato già controllato dai carabinieri della caserma e ci mette il timbro’“.
Le misure cautelari
Le ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state emesse nei confronti di 12 persone, di cui 5 sarebbero appartenenti all’Arma. Domiciliari per altre 5, di cui 2 carabinieri (tra loro il comandante della stazione finita sotto inchiesta). Per altri 3 militari sarebbe scattato l’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria, per un ufficiale l’obbligo di dimora nella Provincia di Piacenza.
La Procura parla di “reati impressionanti” consumati nelle trame di illeciti che sarebbero andati avanti dal 2017, con una fase di particolare recrudescenza durante l’emergenza Coronavirus.
“Per noi è come un colpo al cuore – sottolinea il comandante provinciale di Piacenza, Massimo Savo –. Da parte nostra c’è totale disponibilità a collaborare per fare piena luce sui fatti. Penso all’amarezza dei tanti miei uomini dediti con onestà e generosità al loro lavoro“.
Il comando generale dell’Arma dei Carabinieri avrebbe disposto la sospensione dal servizio, con effetto immediato, per i militari coinvolti nello scandalo. In corso una “valutazione amministrativa dei fatti per adottare, con urgenza, rigorosi provvedimenti disciplinari a loro carico“.
Incredula, la madre di uno dei carabinieri avrebbe commentato così la notizia ai microfoni de La Stampa: “Mio figlio è un bravo ragazzo. Anche gli altri, che qui erano di casa, sono tutti dei bravi ragazzi…“. E sulla foto che ritrae il gruppo di militari mentre sventola delle banconote, avrebbe aggiunto: “Mi ha detto che non erano in caserma e con gli amici avevano vinto al Superenalotto…“.
Parallelamente all’inchiesta madre (scaturita dalla segnalazione di un ufficiale che aveva lavorato a Piacenza) si sarebbero aggiunte quella della Procura Militare di Verona, competente per territorio, (che avrebbe portato a ravvisare “estremi per reati militari“, scrive Ansa), e quella interna alla stessa Arma, come precisato dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini, “per accertare se vi sono stati elementi di criticità nei controlli e più complessivamente nell’organizzazione della realtà territoriale (…)“.