L’ex governatore lombardo Roberto Formigoni è stato condannato a sei anni dai giudici della decima sezione penale del Tribunale di Milano nell’ambito del processo di primo grado sul caso Maugeri. Per l’attuale senatore Ndc l’accusa aveva chiesto una pena di 9 anni. Formigoni, che non era presente in aula per la sentenza, era accusato di associazione per delinquere e corruzione. I giudici hanno riconosciuto colpevole il politico lombardo solo per il secondo capo di accusa, facendo cadere l’associazione a delinquere e ritenendo valida la tesi secondo cui il ‘Celeste’ sarebbe stato corrotto non con denaro contante, ma con una serie di benefit per un valore complessivo di otto milioni di euro tra soggiorni di lusso in località esotiche, crociere su yacht, cene in ristoranti di lusso e finanziamenti per i meeting Cl di Rimini. Formigoni è stato condannato anche all’interdizione per 6 anni dai pubblici uffici e al versamento di una provvisionale complessiva alla Regione Lombardia di 3 milioni di euro. Il tribunale di Milano ha disposto anche la confisca di circa 6,6 milioni di euro, tra cui la quota del 50% di proprietà di una villa in Sardegna il cui acquisto era stato uno dei punti al centro dell’inchiesta.
Nell’ambito del processo Maugeri la procura aveva chiesto che Roberto Formigoni venisse condannato a nove anni per corruzione e associazione a delinquere. I Pm hanno ricostruito il sistema corruttivo che girava intorno alla Fondazione di Pavia, nel quale tra i 10 imputati c’era appunto l’ex governatore Formigoni, ma anche Pierangelo Daccò, Antonio Simone e Carlo Lucchina. La Regione Lombardia aveva già chiesto un risarcimento di 5,6 milioni di euro a titolo provvisorio al ‘Celeste’, mentre nei discorsi dei Pm Laura Pedio e Antonio Pastore in sede processuale emerge che negli anni sono stati sottratti “oltre 70 milioni di euro alle cure dei malati lombardi. Milioni di euro pubblici finiti in una percentuale del 25% nelle tasche di Daccò e Simone per finanziare i sollazzi di Formigoni, dei suoi familiari e dei suoi amici“.
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“Per dieci anni Formigoni – ha sostenuto la pm Pedio nella scorsa udienza – non ha speso un euro dei suoi soldi“, utilizzando contante ottenuto da Daccò e Simone in tagli da 500 euro e facendo vacanze faraoniche, viaggi in yacht, ottenendo finanziamenti per la campagna elettorale e persino l’acquisito di una villa in Sardegna. “Dal 2002 al 2012 – aveva anche sottolineato – il conto bancario di Formigoni è stato silente“, nel senso che non è uscito un euro.
Secondo l’accusa, tra il ’97 e il 2011 dalle casse della Maugeri sarebbero usciti circa 61 milioni di euro mentre tra il 2005 e il 2006 dalle casse del San Raffaele sarebbero spariti altri nove milioni di euro. Il denaro sarebbe andato a finire su conti e società di Daccò e Simone, i quali poi avrebbero ”girato” le tangenti a Formigoni, il quale, in cambio, avrebbe dunque favorito la Maugeri e il San Raffaele con atti di giunta, garantendogli rimborsi non dovuti (si parla di circa 200 milioni di euro per la Maugeri).
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