La Procura di Latina ha chiuso le indagini relative alla vicenda in cui sono indagate la moglie e la suocera di Soumahoro. Si tratta di un atto che precede di solito il rinvio a giudizio. A rischiare il processo sono sei persone molto vicine all’ex deputato di Verdi-Sinistra che da sempre si batte per la situazione dei migranti.
La vicenda Soumahoro continua a tener banco e ora arriva una notizia circa il suo evolversi. La Procura ha chiuso le indagini, notificando ai sei indagati per frodi fiscali, a cui potrebbe far seguito la richiesta per il rinvio a giudizio. A rischiare il processo due parenti del deputato di origine ivoriana di Verdi-Sinistra eletto alle ultime elezioni del 25 settembre.
A rischiare un’incriminazione per reati fiscali sono la moglie di Aboubakar, Liliane Murekatete, indagata per evasione di imposta sui redditi, e la suocera del parlamentare, Marie Therese Mukamitsindo. Il deputato non risulta invece coinvolto nell’inchiesta. Altre quattro persone sarebbero coinvolte nell’evasione, per un totale di sei individui.
Lo scorso dicembre Soumahoro aveva rilasciato una dichiarazione in merito, definendosi “profondamente amareggiato, dispiaciuto e preoccupato per l’indagine che vede coinvolta direttamente la mia compagna Liliane Murakatete che confido dimostrerà la sua innocenza”.
Anche la moglie aveva voluto commentare le indagini su di lei da parte della Procura di Latina, ribadendo la sua completa estraneità ai fatti in oggetto. Il deputato aveva voluto inoltre sottolineare il suo non coinvolgimento nello scandalo delle cooperative.
Un’inchiesta partita a metà novembre scorso e che riguarda fatti avvenuti tra il 2015 e il 2019, emettendo fatture fasulle e volte a evadere il fisco italiano.
L’inchiesta ha travolto come l’onda di uno tsunami il deputato, che ha scelto addirittura di autosospendersi per un certo periodo in seguito alle indagini della Procura di Latina.
Impegnato nella causa dei migranti, Soumahoro ha dovuto vedersela con uno scandalo di proporzioni non indifferenti e che ha coinvolto persone a lui molto vicine, come mohlie, suocera e fratellastro, tra gli altri.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, gli indagati avrebbero usato due società fittizie, la Jumbo Africa e la Consorzio Aid per emettere fatture per prestazioni inesistenti, inviando anche bonifici verso l’estero.
Infine, avrebbero utilizzato la coop Karibu per mettere sul libro mastro le fatture emesse presentandole come spese e di conseguenza esenti da tasse e utili per ricevere finanziamenti da parte dello Stato per assistenza ai migranti. Tuttavia, questi ultimi, oltre a non ricevere nulla, vivevano in condizioni disagiate.
A guidare questo sistema, secondo gli investigatori, proprio la suocera Mukamitsindo, amministratrice con i figli della Karibu. “Seppure incensurati, hanno mostrato elevata spregiudicatezza criminale nell’attuare un programma delinquenziale a gestione familiare, protratto nel tempo” dice l’ordinanza del gip con cui oltre ad interdirli da contatti con la PA, ne richiede il sequestro di 639.000 Euro alla donna e 13.000 Euro a ciascuno dei figli.
Ad essere indagati, anche Ghislaine Ada Ndongo, Christine Kabukoma e Richard Mutangana, anch’egli figlio della Mukamitsindo. I tre si sarebbero infatti succeduti a capo dell’altra cooperativa Jumbo Africa.
Le indagini preliminari hanno inoltre portato alla luce come avrebbero speso i soldi le persone coinvolte, andati in acquisti di lusso. I pm Giuseppe Miliano e Andrea D’Angeli hanno chiuso quindi le indagini confermando le accuse per tutte e sei le persone coinvolte.
In particolare Liliane, moglie di Soumahoro, avrebbe speso milioni di Euro in abiti di alta moda. Tra le maison preferite della donna, Ferragamo, e in particolare la boutique di Roma. Mesi fa, aveva fatto discutere un’affermazione del parlamentare.
“Non mi ha creato nessun imbarazzo. Ritengo che il diritto all’eleganza, il diritto alla moda, è una libertà. La moda non è né bianca né nera, è semplicemente umana” aveva risposto a Corrado Formigli durante una puntata di Piazza Pulita, il quale gli chiedeva se non ritenesse poco appropriate le foto della consorte rispetto al suo ruolo.
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