Dopo la condanna all’ergastolo per Massimo Giuseppe Bossetti, per l’omicidio di Yara Gambirasio, sono arrivate le motivazioni della sentenza. Ergastolo confermato anche al processo d’appello. Dopo 15 ore di camera di consiglio, a mezzanotte e mezza di martedì 18 luglio la Corte, presieduta dal giudice Enrico Fischetti, ha confermato la sentenza di primo grado del 2016: il muratore di Mapello è colpevole della morte della 13enne di Brembate, scomparsa il 26 novembre 2010 e ritrovata morta in un campo a Chignolo d’Isola il 26 febbraio 2011. Bossetti è scoppiato in lacrime alla lettura della sentenza, così come la moglie Marita Comi, presente in Aula durante tutte le udienze. “Questo processo per noi resta pieno di anomalie e di cose che non tornano. Abbiamo assistito alla sconfitta del diritto“, hanno commentato i suoi legali, gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini che preannunciano l’appello in Cassazione. Soddisfatto invece il legale della famiglia Gambirasio, Enrico Pelillo: “Giustizia è fatta, le carte processuali dicono che la sentenza andava confermata“.
La conferma della condanna arriva dopo le dichirazioni spontanee di Bossetti. Il muratore di Mapello, unico accusato per il delitto e già condannato all’ergastolo in primo grado, aveva parlato alla Corte di Assise di Brescia, lasciando prima un “sincero pensiero” per Yara e poi leggendo dei fogli da una cartellina rossa. “Poteva essere mia figlia, la figlia di tutti noi. Neanche un animale avrebbe usato tanta crudeltà“, aveva dichiarato in Tribunale.
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Bossetti ha voluto chiedere scusa per “il comportamento scorretto” tenuto nella prima udienza quando si era scagliato contro il sostituto Pg di Brescia, Marco Martani. “Pensate come può sentirsi una persona attaccata con ipotesi fantasiose e irreali“, ha spiegato nel ribadire la sua innocenza.
“Da tre anni invoco la mia innocenza, da tre anni chiedo anche tramite i miei avvocati l’unica cosa che può consentire di difendermi, la perizia in contraddittorio sul Dna. Posso marcire in carcere per un delitto atroce che non ho commesso senza che mi sia concessa almeno questa possibilità?“, aveva scritto Bossetti in una lettera a un quotidiano.
“Confido che finalmente sia fatta Giustizia e io possa tornare a riabbracciare i miei cari da uomo libero e innocente quale sono, anche se ho una vita stravolta e comunque segnata per sempre. Lo spero io, lo devono sperare i Giudici, sono convinto che lo speri Yara da Lassù, almeno fino a quando il suo vero assassino che è ancora libero e sta ridendo di me e della Giustizia, sconterà la giusta pena“, le sue parole ribadite anche in Aula.
Bossetti insiste nel chiedere un nuovo esame del Dna. “Se fossi io l’assassino sarei un pazzo a chiedervi la perizia, io non ho mai fatto male a nessuno, non ho mai alzato un dito né su mia moglie né sui miei figli. Anche in carcere sono ben voluto da tutti“, ha ricordato ai giudici.
“Quel Dna non mi appartiene. Non sono l’assassino“, ha insistito, dicendo di essere “vittima del più grande errore giudiziario del secolo” e ha implorato la Corte di concedere una nuova perizia, sottolineando l’ingiustizia subìta in ogni fase del processo, a partire dall’arresto. “Mi avete fatto inginocchiare davanti ai miei figli, umiliandomi. C’era bisogno di chiamare l’esercito? Mi avete trattato come un mostro, vergognatevi“, ha insistito. Il muratore si è difeso con le unghie e con i denti e si è detto certo che uscirà dal carcere “a testa alta“.
Il 16 ottobre sono state diffuse le motivazioni della sentenza. Per i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Brescia non può essere svolta una nuova perizia sul materiale genetico rinvenuto sui vestiti di Yara, come richiesto dagli avvocati di Bossetti. “Quello che è certo è che non vi sono più campioni di materiale genetico in misura idonea a consentire nuove amplificazioni e tipizzazioni – spiegano i giudici nelle motivazioni – Si deve, quindi, ribadire ancora una volta e con chiarezza che una eventuale perizia, invocata a gran voce dalla difesa e dallo stesso imputato, non consentirebbe nuove amplificazioni e tipizzazioni, ma sarebbe un mero controllo tecnico sul materiale documentale e sull’operato dei Ris (e quindi la famosa perizia genetica sarebbe necessariamente limitata a una mera verifica documentale circa la correttezza dell’operato del Ris e dei consulenti dell’accusa, pubblica e privata)”.
Insomma, secondo i giudici che hanno condannato Bossetti all’ergastolo, il dna sui vestiti di Yara è suo senza ombra di dubbio, ed è inutile una nuova perizia.
(testi a cura di: Lorena Cacace, Francesco Minardi)
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