[didascalia fornitore=”ansa”]L’ambulanza della morte a Paternò[/didascalia]
I malati terminali venivano uccisi in ambulanza, prima dell’arrivo a casa, per favorire le agenzie funebri compiacenti e la mafia. Succedeva a Paternò, vicino Catania. Tre i casi accertati, che hanno portato all’arresto di un uomo di 42 anni e all’avviso di garanzia per altri tre infermieri.
L’inchiesta della procura di Catania, partita dalla testimonianza di un pentito, ha portato a galla un meccanismo macabro di arricchimento, speculando sul lutto di famiglie all’oscuro del complotto per uccidere i loro cari. Le vittime prescelte erano tutti malati terminali ricoverati nell’ospedale di Biancavilla.
Quando i familiari decidevano di portarseli a casa, perché non c’erano più possibilità di sopravvivenza, entrava in gioco una ditta di ambulanze privata, che proponeva il trasporto a casa. Gli addetti indagati intascavano i 300 euro per il servizio. E fin qui tutto regolare.
Peccato che, durante il tragitto, il 42enne arrestato, a bordo di quella che è stata ribattezzata “l’ambulanza della morte”, iniettava nelle vene del paziente di turno aria attraverso l’agocannula, provocandone la morte veloce per embolia gassosa, senza suscitare alcun sospetto dei parenti. I quali venivano prontamente avvicinati dagli addetti delle agenzie funebri compiacenti e complici di quelli dell’ambulanza per organizzare il funerale.
«La gente non moriva per mano di Dio – ha raccontato il collaboratore di giustizia alla procura – ma per guadagnare 300 euro invece di 30 o 50». Tre i casi accertati, anche se gli inquirenti vogliono fare luce sulla morte di una cinquantina di malati. Sullo sfondo le cosche mafiose di Paternò, Adrano e Biancavilla.
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