Una donna di 26 anni ha ammesso di aver ucciso il figlio, un bimbo di soli tre mesi, gettandolo a terra. E’ successo a Catania. In un primo momento la madre aveva riferito che il figlio “si era fatto male cadendole accidentalmente dalle braccia”. Secondo la donna, a provocare la caduta, era stata “una spinta che si era data da solo”. Secondo il gip Giuseppina Montuori, però, la 26enne avrebbe volontariamente “scaraventato il figlio di tre mesi a terra” agendo “di certo al fine di ucciderlo”.
Il bimbo di tre mesi è morto in ospedale, lo scorso 15 novembre, dopo un giorno dal ricovero per le ferite riportate alla testa. Era stato prima portato al pronto soccorso del Cannizzaro, e poi trasferito nel reparto di rianimazione della Neonatologia del Garibaldi-Nesima.
L’indagine è scattata dopo che i sanitari, visionate le ferite sul corpo del piccino, si sono insospettiti e hanno chiesto i controlli della polizia. Il 3 dicembre nei confronti della mamma del piccolo è stata emessa un’ordinanza cautelare in carcere su richiesta della Procura, per omicidio aggravato del figlio. Le contestano il fatto che lo abbia scaraventato a terra con forza e che le ferite sul piccolo non siano state dunque accidentali.
Per Montuori “non può in nessun modo ritenersi corrispondente al vero quanto dalla stessa riferito in ordine alla assenza di volontà omicida ai danni del neonato”. Quindi il pm è convinta che la mamma abbia ucciso volontariamente il bimbo.
La donna, in sede di interrogatorio, si è contraddetta diverse volte. Poi ha affermato di non saper spiegare cosa sia accaduto e ai pm ha detto di avere la “mente oscurata”. “Non so spiegare cosa sia successo”, ha raccontato, chiarendo che però non aveva intenzione di ammazzare il suo neonato: “non volevo uccidere mio figlio, non ho mai pensato di ucciderlo, lo amavo”. Ai magistrati, ricostruisce il suo legale, l’avvocato Luigi Zinno, la donna ha detto di “essersi sentita male” e che la sua intenzione era di “gettarlo sul letto e non per terra”.
L’omicidio è stato commesso in casa della nonna paterna della 26enne che non è sposata e che al figlio aveva dato il proprio cognome. Secondo l’avvocato della 26enne, la giovane mamma soffriva di “una grave forma di depressione post partum, che ha aggravato la sua condizione di persona fragile psicologicamente”. La donna, infatti, aveva trascorso un’infanzia difficile dopo aver perso la madre quando aveva 11 anni.
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