Entro venerdì, a meno di ulteriori rinvii, la Camera licenzierà, con il voto di fiducia che ha deciso di porre il governo, la legge di bilancio, che poi passerà al Senato. Nella presentazione degli emendamenti, che ha ingolfato di molto l’iter parlamentare per l’approvazione, secondo quanto dicono da Repubblica, ci sono stati anche degli scontri tra due forze della maggioranza: Fratelli d’Italia e Forza Italia.
Nello specifico, a creare dei problemi, è stata la proposta di inserire nella manovra lo scudo penale, che aveva alzato anche un polverone non da poco nelle opposizioni, e che poi è stato cancellato. Ecco, l’idea a quanto hanno detto dal partito della presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, era del gruppo di Silvio Berlusconi, dal canto loro, invece, i forzisti hanno spiegato che l’iniziativa era interministeriale ed era nata sia dal ministero del Tesoro, sia da quello della Giustizia. In tutto questo, la stessa premier ha deciso di rimandare la sua intervista a Porta a porta da Bruno Vespa, la prima da capo del governo.
Come da prassi e da Costituzione, la legge di bilancio deve essere licenziata dai due rami del Parlamento entro il 31 dicembre, altrimenti scatta l’esercizio provvisorio. Con questa scure che attanaglia il governo di Giorgia Meloni, al primo vero banco di prova in questa legislatura, tutto deve essere fatto in fretta (più o meno), perché più passano i giorni, più il rischio diventa alto.
In commissione Bilancio, alla Camera, sono state ore di rinvii in attesa della presentazione degli emendamenti da parte dell’esecutivo, che hanno fatto slittare anche l’ingresso in aula per l’approvazione vera e propria del testo della manovra finanziaria – che avverrà entro venerdì con il primo voto di fiducia richiesto dal governo, e che poi verrà spedito al Senato.
Ecco, dei 30 emendamenti che i tre relatori hanno presentato anche (e soprattutto) alle opposizioni, quello sullo scudo penale è stato cancellato perché avrebbe ingolfato ancora di più l’iter parlamentare per le polemiche che erano già nate ed erano state sollevate sia dal Partito democratico, pure da Enrico Letta, dal MoVimento 5 stelle, anche dal presidente Giuseppe Conte, e persino dal terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi.
Il problema, ora, è che nelle forze che compongono la maggioranza c’è uno scaricabarile sulle responsabilità dell’iniziativa. Da Fratelli d’Italia, il partito della premier, il ministro dello Sviluppo economico, Adolfo Urso, ha dichiarato che a volere il condono penale che avrebbe cancellato tre reati, ovvero l’omessa dichiarazione dei redditi, la dichiarazione infedele e l’omesso versamento, erano soprattutto da Forza Italia, lo schieramento di Silvio Berlusconi.
Di diverso avviso è, invece, il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto (in quota azzurra) che ha fatto capire che a prendersi i meriti e i demeriti della proposta devono essere anche quelli del ministero dell’Economia e delle Finanze, quindi il numero uno Giancarlo Giorgetti, vicesegretario della Lega, e il suo viceministro Maurizio Leo, di FdI.
“La proposta sullo scudo – ha detto l’azzurro – nasce da uno studio interministeriale. In una delle riunioni, a cui ho partecipato assieme a Leo, è stata esaminata la possibile estinzione dei reati ‘per comportamento riparatorio’: tu paghi il cento per cento di quel che devi pagare e a fine corsa, se hai pagato tutte le rate unitamente ad una sanzione ridotta, estingui i cosiddetti ‘reati formali’, i piccoli reati“. E ancora: “Questo è stato il principio che i due ministeri insieme hanno valutato: non è affatto un condono“.
Cancellato per la legge di bilancio – anche per il no di Meloni che ha sentito prima Giorgetti, poi il capo delegazione di Forza Italia, nonché vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani –, lo scudo penale potrebbe tornare in un decreto ad hoc non appena da Palazzo Madama daranno il via libera definitivo alla finanziaria per il 2023, che non è ancora scontato e nemmeno semplice.
In un clima di questo genere, con le forze della maggioranza che hanno ingaggiato un braccio di ferro, con la paura di incorrere davvero nell’esercizio provvisorio, la prima presidente del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana ha deciso di rinviare di un giorno la sua prima intervista televisiva nella veste di capo del governo da Bruno Vespa, a Porta a porta, che era prevista per oggi, ma verrà fatta solo domani.
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