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Categories: Ambiente

Cementificazione in Italia: dati shock dal censimento 2011

L’Italia affoga nel cemento. Il ritratto che emerge dal censimento 2011 realizzato dall’Istat è quello di un’Italia che ormai vede gran parte del suo territorio consumato dalla speculazione edilizia, che ha portato a costruire anche dove non si doveva. Il mix terribile di abusivismo e cambiamenti climatici ha avuto come conseguenza i disastri ambientali degli ultimi anni, come insegna la recente alluvione di Genova, la quale certamente non sarà l’ultima ad avvenire se non verranno prese efficaci contromisure. Sulla scia dei dati Istat, diverse ricerche hanno compiuto analisi anche quantitative per analizzare il consumo di suolo nell’ormai fu Belpaese, e gli esiti sono a dir poco preoccupanti.

Alberto Ziparo, professore associato in Pianificazione Urbanistica presso l’Università degli Studi di Firenze, in un articolo sul quotidiano La Repubblica spiega la situazione in cui versa il territorio italiano dal punto di vista della cementificazione, sulla base di ricerche come Riutilizziamo l’Italia del Wwf risalente al 2013, ed altri studi di settore coevi: e il primo dato allarmante che sale subito agli occhi è che meno di 20 anni fa il consumo di suolo corrispondeva alla metà di adesso, a dimostrazione del ritmo impressionante con cui la speculazione edilizia si è fatta strada, complice la connivenza della politica, nel nostro Paese.

credits: censimentopopolazione.istat.it

La lobby dell’imprenditoria edile è notoriamente molto potente e le pressioni sul Parlamento italiano assai elevate: non è un caso che tutti i governi, di centrodestra e centrosinistra, che si sono alternati al Potere durante la Seconda Repubblica, abbiano sempre considerato questo settore come il traino della crescita economica, benché ormai, come dimostrano i dati in possesso, non sia praticamente più possibile costruire nuove case sul territorio, mentre parecchio ci sarebbe da fare dal punto di vista dei restauri e dell’edilizia conservativa. Oltre al danno di una perdita consistente di paesaggio e la distruzione dei sistemi idro-geologici, il business edilizio ci regala anche la beffa di un’abnorme quota di volumi costruiti, più del necessario: 1 casa su 4 risulta infatti inutilizzata, il 25 per cento di questa enorme massa cementifera di cui si potrebbe fare tranquillamente a meno.

Case non occupate: il report

credits: censimentopopolazione.istat.it

I dati del censimento 2011 mostrano che gli appartamenti inutilizzati sono più di sette milioni, facendo una stima approssimativa potremmo dire circa 20 milioni di stanze vuote: parliamo di almeno 18 miliardi di metri cubi edificati, di cui 15,5 miliardi, l’84,3 per cento, di natura residenziale, quando il fabbisogno stimato per la nostra popolazione è di 6,2 miliardi di metri cubi. Ad uscire disastrato da questa sfrenata corsa al mattone è soprattutto il Mezzogiorno, che ha pagato negli anni un conto altissimo in termini di bellezze naturali distrutte per favorire l’abusivismo, in particolare negli anni del boom economico: le punte estreme di questo fenomeno si osservano specialmente in Calabria, con un 40 per cento di appartamenti inutilizzati, seguita a ruota da Sicilia e Puglia con il 30. Ma non è che il Nord stia tanto meglio, visto che in Piemonte 1 alloggio su 4 risulta vuoto, mentre in Veneto e Toscana il rapporto è di uno su cinque. Torino, Milano e Roma hanno oltre 100mila case inutilizzate, poco meno a Napoli, decine di migliaia di abitazioni vuote risultano a Venezia, Firenze, Genova, Bologna: la tendenza a costituire famiglie mononucleari nell’ultimo decennio ha inoltre aumentato considerevolmente il gap tra numero di case costruite e reale bisogno di spazio abitativo.

Da decenni in Italia non si costruisce più sulla base della domanda, poiché la rendita fondiaria, poi immobiliare, si è trasformata sempre più in finanziaria: a dispetto delle dichiarazioni di facciata, nessun governo, comprso l’attuale esecutivo guidato da Matteo Renzi, ha iniziato un processo di riconversione che metta l’ambiente al primo posto, ed anzi si continuano ad approvare decreti che stanziano fondi per nuovi cantieri, per cercare di arginare la disoccupazione. Ma di questo mare di soldi messo a disposizione, temiamo che ben poco sarà destinato alla cura del territorio e alla costruzione di infrastrutture realmente vitali per il Paese.

Giulio Ragni

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