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Categories: Cultura

Cent’anni di solitudine, le frasi celebri del romanzo di Gabriel García Márquez

Sono molte le frasi celebri scritte da Gabriel García Márquez, ma sicuramente Cent’anni di solitudine ricopre un posto speciale nel cuore dei lettori, anche occasionali, dello scrittore colombiano scomparso nella serata di giovedì 17 aprile. Ecco per voi una selezione di frasi e citazioni celebri tratte da Cent’anni di solitudine… e se pensate che ce ne siamo dimenticata qualcuna, non mancate di farci sapere le vostre.

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Cent’anni di solitudine: informazioni generali, trama e incipit

Cent’anni di solitudine, scritto dal premio Nobel Gabriel García Márquez, ha venduto 50 milioni di copie in 25 lingue: pubblicato nel 1967, racconta – con storie reali e fantastiche – la vita di sette generazioni della famiglia colombiana dei Buendía nella città di Macondo. Il capostipite, fondatore di Macondo, José Arcadio Buendía, e Ursula Iguarán, sua moglie (e cugina di primo grado), lasciano Riohacha, in Colombia, per trovare una vita migliore e una nuova casa: durante il viaggio, Arcadio sognerà una città fatta di specchi che riflette il mondo dentro e attorno ad essa.

Durante il IV Congresso internazionale della Lingua Spagnola, tenutosi a Cartagena nel marzo del 2007, è stato votato come seconda opera in lingua spagnola più importante mai scritta, preceduta solo da Don Chisciotte della Mancia.

Frase celebre tra le frasi più celebri è ovviamente l’incipit di Cent’anni di solitudine: “Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito”.

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Altre frasi celebri da Cent’anni di solitudine

Lo zingaro veniva deciso a restare nel villaggio. Era stato nella morte, effettivamente, ma era tornato perché non aveva potuto sopportare la solitudine”.

Nella scuola semidistrutta dove aveva provato per la prima volta la sicurezza del potere, a pochi metri dalla stanza dove aveva conosciuto l’incertezza dell’amore, Arcadio trovò il ridicolo formalismo della morte”.

L’ebbrezza del potere cominciò a decomporsi in raffiche di disagio”.

Non immaginava che era più facile cominciare una guerra che finirla”.

Era arrivato alla fine di ogni speranza, più in là della gloria e della nostalgia della gloria”.

Il colonnello Aureliano Buendía comprese a malapena che il segreto di una buona vecchiaia non è altro che un patto onesto con la solitudine”.

Amaranta pensava a Rebeca, perché la solitudine le aveva selezionato i ricordi, e aveva incenerito gli intorpidenti mucchi di mondezza nostalgica che la vita aveva accumulato nel suo cuore, e aveva purificato, magnificato e eternizzato gli altri, i più amari”.

Forse, non solo per farla capitolare ma altresì per scongiurarne i pericoli, sarebbe bastato un sentimento tanto primitivo e semplice come l’amore, ma quella fu l’unica cosa che non venne in mente a nessuno”.

Non si muore quando si deve, ma quando si può”.

Erano le ultime cose che rimanevano di un passato il cui annichilamento non si consumava, perché continuava ad annichilarsi indefinitivamente, consumandosi dentro di sé stesso, terminandosi in ogni minuto ma senza terminare di terminarsi mai”.

Era uno scampato da quante piaghe e catastrofi avevano flagellato il genere umano. Era sopravvissuto alla pellagra in Persia, allo scorbuto nell’arcipelago della Malesia, alla lebbra ad Alessandria, al beriberi in Giappone, alla peste bubbonica nel Madagascar, al terremoto di Sicilia e a un naufragio di massa nello stretto di Magellano”.

Fece costruire a sua moglie una stanza da letto senza finestre in modo che i pirati dei suoi incubi non avessero da dove entrare”.

Nel mondo stanno accadendo cose incredibili. A portata di mano, sull’altra riva del fiume, c’è ogni sorta di apparecchiatura magica, e noi continuiamo a vivere come gli asini”.

Si perse per anfratti di nebbia, per tempi riservati all’oblio, per labirinti di delusione”.

Era convinta che le porte erano state inventate per chiuderle, e che la curiosità per quello che succedeva nella strada era cosa da donnacce”.

Una ruota giratoria che avrebbe continuato a ronzare fino all’eternità, se non fosse stato per il logorio progressivo e irrimediabile dell’asse”.

Solo sei mesi più tardi Aureliano seppe che il dottore lo aveva rinnegato come uomo d’azione, definendolo un sentimentale senza avvenire, con un carattere passivo e una definita vocazione solitaria”.

Smarrito nella solitudine del suo immenso potere, cominciò a perdere la rotta”.

“Il migliore amico,” soleva dire allora, “è quello che è appena morto.”

Pensò confusamente, intrappolato alla fine nel morso della nostalgia, che forse se l’avesse sposata sarebbe stato un uomo senza guerra e senza gloria, un artigiano senza nome, un animale felice”.

La vita le si esauriva nel ricamo del sudario. Si sarebbe detto che ricamava durante il giorno per disfare il lavoro di notte, e non con la speranza di sconfiggere in quel modo la solitudine, ma tutto al contrario, per sostenerla”.

La necessità di sentirsi triste si andava trasformando in lei in un vizio a mano a mano che la devastavano gli anni. Si umanizzò nella solitudine”.

In quella Macondo dimenticata perfino dagli uccelli, dove la polvere e il caldo si erano fatti così tenaci che si faceva fatica a respirare, reclusi dalla solitudine e dall’amore e dalla solitudine dell’amore in una casa dove era quasi impossibile dormire per il baccano delle formiche rosse, Aureliano e Amaranta Ursula erano gli unici esseri felici, e i più felici sulla terra”.

“Cosa ti aspettavi?” sospirò Ursula. “Il tempo passa.” “Così è,” ammise Aureliano, “ma non tanto.”

Non riusciva a capire come mai aveva avuto bisogno di così tante parole per descrivere la guerra, quando ne bastava solo una: paura”.

Le stirpi condannate a cent’anni di solitudine non avevano una seconda opportunità sulla terra”.

Fulvia Leopardi

Fulvia Leopardi è stata collaboratrice di Nanopress dal 2014 al 2018, occupandosi principalmente di temi relativi all'ambito dello spettacolo, della televisione, della cultura.

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