Il 15 giugno di cento anni fa nasceva a Roma, a Trastevere, Alberto Sordi. Straordinario interprete del cinema italiano, l’Albertone nazionale venne definito da Ettore Scola l’uomo che non ci ha mai permesso di essere tristi. E tristi non lo siamo mai stati vedendo i suoi film, sia quelli spiccatamente comici sia quelli drammatici, perché Sordi aveva l’incredibile capacità di far sorridere e commuovere nello stesso tempo, di rappresentare i vizi e le virtù dell’uomo e della società ma sempre con un’ombra di sorriso. Alberto Sordi nella sua lunghissima carriera ha dato vita alle mille sfaccettature dell’essere umano conservando quel tono scherzoso che è stato una sua peculiarità, un po’ come accade a Roma, quando scherzando si dice la verità e ogni occasione, anche la più drammatica, è buona per fare una battuta. Della sua romanità Sordi aveva fatto il suo punto di forza, lui che era stato espulso dall’Accademia di Recitazione dei Filodrammatici proprio per la sua parlata romana.
L’amicizia tra Fellini e Sordi risale agli anni della guerra e dura tutta la vita. Nonostante il forte legame, i due hanno lavorato insieme in poche occasioni, troppo diverse erano infatti le loro strade: visionario e sognatore il regista, creatore di personaggi unici l’attore. Dopo Lo sceicco bianco del 1952, si ritrovano insieme l’anno seguente per quello che sarà il film che imporrà Sordi all’attenzione di critica e pubblico, I vitelloni. E da lì in poi, per l’attore, sarà un successo dietro l’altro: La grande guerra e Il Marchese del Grillo di Monicelli, l’indimenticabile Un americano a Roma diretto da Steno e poi Un borghese piccolo piccolo, lo straordinario Il medico della mutua e tanti, tanti altri ancora.
Trent’anni dopo I vitelloni, nel 1983, Sordi dirige e interpreta Il tassinaro. Il cameo di Fellini è straordinario: il tassinaro Pietro, interpretato da Sordi, onorato di trovarsi come cliente il regista, si lascia andare a una sorta di monologo in cui ripercorre, in una delle scene più divertenti del film, i capolavori felliniani, la gioventù del regista intento con l’amico Alberto Sordi a spagliacciare come i vitelloni, e non risparmia neanche la presa in giro del dialetto dell’amico, caratterizzato dalla chiusura delle vocali così improbabile per un romano. E quando riferisce al “maestro” i frequenti scambi con i turisti che gli chiedono se lui conosca il famoso regista, il tassinaro Sordi dice, con una splendida risata, semo come fratelli.
Quello del 24 febbraio del 2003 fu un risveglio triste per Roma: la notizia della morte del grande attore era ormai sulla bocca di tutti. Ai funerali una folla immensa, commossa e composta e un ultimo messaggio “Roma tua ti saluta”; i taxi listati a lutto per quella che l’allora sindaco di Roma Walter Veltroni definì l’unica brutta notizia che Alberto Sordi ci ha dato in tutta la sua vita. Amato non solo dai romani, ma dagli tutti italiani, Sordi ci ha insegnato a sorridere di noi stessi, della miseria e della nobiltà della vita, attraverso una comicità intelligente, genuina, mai volgare né banale. Diceva l’attore La nostra realtà è tragica solo per un quarto: il resto è comico. Si può ridere su quasi tutto.
A causa della pandemia la mostra Alberto Sordi 1920-2020 organizzata per il centenario della nascita dell’attore romano è stata posticipata al 16 settembre 2020. Per la prima volta si apriranno le porte della sua abitazione privata situata nei pressi delle Terme di Caracalla a Roma. L’esposizione permetterà ai visitatori di ammirare documenti inediti, video e fotografie che riguardano sia la vita privata dell’attore che scene indimenticabili del cinema italiano.
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