Luca Torello è il papà di Andrada, una ragazza disabile, e insieme alla sua compagna vivono a Bologna. Intenzionati ad adottare un cane, la famiglia ha fatto delle ricerche su Internet, e ha trovato prima un privato e poi un volontario di un’associazione che però si sono rifiutati di affidare il cane dopo aver saputo della disabilità della ragazza.
”Il cane è vivace, impegnativo. Necessita di educazione e dedizione. Rischierebbe di costituire un ulteriore aggravio per una famiglia che già si deve occupare di un disabile” è stato uno dei messaggi inviati via mail a Luca. Nell’altro, dal tono simile, si affermava che il cane non poteva essere affidato perché la giovane è disabile.
La ragazza – spiega Luca – ha una disabilità di tipo grave, al 100%, dovuta ad encefalopatia cronica infantile dalla nascita, ”in sostanza un ritardo mentale che comunque non le impedisce di essere quasi autosufficiente e di esprimersi verbalmente o a gesti”.
Papà Luca allora ha voluto puntualizzare, rivolgendosi a chi ha negato l’affido: ”Forse, caro signore, lei non ha mai sentito parlare di Pet Therapy. È dimostrato che ai disabili faccia bene avere vicino un animale”. E questo è innegabile.
Però, va puntualizzato, dipende anche dal tipo di animale. Non tutti i cani sono adatti alla Pet Therapy. Ad esempio i Jack Russel (uno dei cani scelto faceva parte di questa razza) sono notoriamente dei cani ”difficili”, nervosi, allarmisti, mordaci.
Ad ogni modo la storia è finita bene nonostante i pregiudizi e la discriminazione, che va pur sempre condannata. Alla fine Andrada ha potuto gioire, e portarsi comunque a casa un cucciolo, preso da uno dei canili della zona.
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