Non è la prima volta che si rivolge al Tribunale di Sorveglianza. Durante la pandemia aveva chiesto i domiciliari per i rischi legati al coronavirus, ma la richiesta fu respinta.
Secondo il sindacato della penitenziaria invece Battisti “è insofferente alle regole”.
Cesare Battisti è tornato a far parlare di sé. Stando a quanto ha affermato, infatti, sembra proprio che la sua detenzione non stia procedendo proprio nel migliore dei modi. Poco meno di dieci giorni fa, esattamente il 7 marzo scorso, l’ex terrorista ha infatti presentato un reclamo al Tribunale di Sorveglianza di Reggio Emilia puntando il dito contro il trattamento che alcuni agenti della polizia penitenziaria gli avrebbero riservato.
Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa AGI, Battisti ha scritto a mano un testo di tre pagine in cui ha denunciato di aver subito “un’aggressione fisica e verbale” nel carcere di Parma, dove si trova per scontare la sua pena. Nel reclamo l’ex militante dei Pac (Proletari armati comunisti) ha lamentato atteggiamenti descritti come “un’accanita persecuzione” nei suoi confronti. Alcuni poliziotti, a suo dire, sarebbero stati responsabili del “danneggiamento di oggetti personali, tra cui il computer“.
Nel foglio presentato al Tribunale non sono mancati i dettagli della vicenda. “Alle 8 del mattino un assistente capo in servizio con aria spavalda e fare minaccioso supportato da un nugolo di agenti dalle impressionanti prestanze fisiche faceva irruzione nella mia cella con la manifesta volontà di voler provocare reazioni inconsulte, aggredendo verbalmente e fisicamente il sottoscritto”.
Dal punto di vista di Battisti, quello che ha subito può essere identificato come “un trattamento selvaggio”. Inoltre ha lamentato anche che la sua privacy non sarebbe stata rispettata “nemmeno quando vado in bagno”. Dalle sue parole riportate su carta traspare come la delusione e il dispiacere più grandi siano stati quando, in tarda serata, si è accorto che il suo computer aveva subito “gravi danni”.
L’episodio è stato da lui definito come “un trauma” e “il colpo al cuore”. Questo perché il pc è descritto come “strumento di lavoro come scrittore e editor di ‘Artisti dentro'” ma anche come appiglio: “l’unico mezzo per mantenere un equilibrio psichico in circostanze tanto avverse”. In conclusione la richiesta sottoposta al Tribunale è quella di verificare se siano stati commessi eventuali reati e di intervenire “per un ritorno alla legalità, tesa a garantire i diritti inviolabili dell’uomo”.
Secondo il sindacato della Polizia penitenziaria, invece, le cose non sarebbero andate proprio così. La lamentela sarebbe solamente “frutto di un’iniziativa meramente strumentale e correlata all’insofferenza alle regole penitenziarie, le quali prevedono anche le perquisizioni ordinarie”. “Da quanto apprendiamo, non risultano violenze di nessun genere né danneggiamenti agli oggetti personali o al pc”, ha dichiarato Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa polizia penitenziaria.
Battisti, oggi 67enne, è detenuto nel penitenziario di Parma. Nel 2019 era stato catturato in Bolivia dopo una latitanza durata ben 37 anni. Deve scontare la condanna all’ergastolo per aver commesso quattro omicidi e altri reati gravi.
Non è la prima volta che si rivolge alla Sorveglianza. Quando era in isolamento nel carcere di Oristano aveva sostenuto che la qualità e quantità del cibo avrebbe minato le condizioni della sua salute. Durante la pandemia aveva invece chiesto di poter andare ai domiciliari per timore del coronavirus. Richiesta che però non fu accolta.
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