Via libera per il Ceta: il Parlamento europeo ha approvato il 15 febbraio 2017 il trattato di libero scambio con il Canada, nato con l’intento di aprire i mercati dell’Unione Europea e del Paese nordamericano. Qualcosa di simile si era tentato di fare anche con gli Usa, ma il cosiddetto Ttip è fallito prima di giungere all’accordo finale, invece questa volta non ci sono stati ostacoli all’approvazione, nemmeno le pressioni di associazioni ambientaliste e cittadini comuni, che vedono enormi rischi ambientali in questa deregulation che investe beni e servizi, con particolare premura da parte dei detrattori del trattato verso il cibo e l’ecosistema, hanno potuto fermare il controverso accordo.
Che cos’è il Ceta? Secondo quanto stipulato da Ue e Canada, questo accordo commerciale abbatte i dazi commerciali tra le due aree geografiche, consente l’ingresso di soggetti europei e canadesi alle rispettive gare d’appalto domestiche, inoltre promuove il recirpoco riconoscimento delle qualifiche professionali e la possibilità di trasferire lavoratori da un Paese all’altro. Secondo le stime della Commissione Ue, questa eliminazione delle barriere commerciali produrrà un aumento dei volumi di affari fino a 12 miliardi di euro l’anno, e in aggiunta l’abbattimento dei costi d’esportazione fino a 500 milioni di euro l’anno, senza contare i nuovi posti di lavoro previsti: l’approvazione dell’accordo vuole essere anche una risposta concreta alle politiche protezionistiche promosse da Donald Trump negli Usa e da altre forze populiste in Europa. Ma a fronte dell’eliminazione dei dazi, gli svantaggi sul versante ambientale potrebbero non essere indifferenti.
Accordo Ceta: quali rischi per l’ambiente?
I rischi paventati da molti con l’approvazione del Ceta hanno a che fare soprattutto con l’invasione di prodotti alimentari non controllati, poiché il trattato favorisce agricoltura e l’allevamento a livello industriale a scapito delle produzioni biologiche e alternative al sistema attuale, diminuendo standard vitali come il principio di precauzione. Chi si è opposto al Ceta, come Legambiente in Italia e tante altre sigle in Europa, teme ad esempio un’invasione di carne canadese pari a migliaia di tonnellate, questo benché il Ceta ufficialmente non metta in discussione le restrizioni in vigore nella Ue sulle carni bovine contenenti ormoni della crescita né quelle sugli Ogm. Se le aziende che esportano in Canada risulteranno indubbiamente avvantaggiate (e viceversa), le preoccupazioni dei cittadini di essere invasi dai prodotti delle multinazionali, con un elevato rischio di contraffazioni sull’agro-alimentare nostrano, non paiono affatto fugate.
I timori non arrivano solo dall’alimentazione: un articolo del Guardian di qualche mese fa ad esempio paventa il rischio che l’approvazione del Ceta possa incrementare il flusso in Europa del petrolio derivato dalle sabbie bituminose, di cui il Canada è uno dei maggiori produttori al mondo, un petrolio altamente inquinante che potrebbe danneggiare enormemente l’ambiente. Ogm, abuso di pesticidi, scarse garanzie sulla tutela e il rispetto dell’ambiente potrebbero essere il prezzo da pagare, ancora una volta, quando la logica del profitto domina su tutto il resto.