Non c’è tratta di Prigozhin dopo il dietrofront a 200 km da Mosca. La polizia è tornata a Rostov, mentre la marcia del Gruppo Wagner si è interrotta.
I miliziani della Wagner sono stati accolti da spari e applausi. Il Gruppo indipendente, ribelle, si è fermato ieri a 200 km da Mosca, dopo l’intervento in mediazione della Bielorussia. L’esercito si è ritirato adesso dal Voronezh al Lipetsk, mentre non vi è traccia del leader Prigozhin, I media russi, dopo l’intervento di Minsk, parlano di un esilio proprio nella capitale della Bielorussia. Secondo il Washington Post, Putin sarebbe venuto a conoscenza del tentativo di attacco almeno 24 ore prima, mentre la CIA addirittura da settimane. L’intelligente, secondo quanto scritto dal New York Times, avrebbe però deciso di tacere.
Dopo l’intervento di Minsk, il leader del Gruppo Wagner potrebbe essersi rifugiato nella capitale della Bielorussia. I militari si sono fermati dopo aver preso Rostov nella mattinata di ieri a 200 km da Mosca, dopo aver annunciato una ribellione nei confronti dell’esercito Russo e la presa della capitale tramite l’annuncio dello stesso Prigozhin. Il comandante aveva parlato di bugie dai vertici militari russi, di piani d’azione superficiali e strategie incompetenti. Poi lo stop, deciso tramite una mediazione della Bielorussia, con la motivazioni di “non spargere sangue russo”.
Da quanto si apprende, nonostante la apparente fuga nel nulla di Yevgeny Prigozhin, il Cremlino non intende perseguire i militari ribelli – anche se ieri nella sua apparizione in tv Putin aveva promesso severe punizioni, oltre a paragonare quell’azione militare una pugnalata alle spalle degna di quella del 1917.
Proprio Prigozhin in effetti aveva lanciato il guanto di sfida a Putin, prima di comandare il dietrofront ai suoi uomini. Dopo aver abbandonato Rostov, tra gli applausi della gente, la Wagner ha lasciato anche la regione Liptesk, a 400 km dalla Capitale, secondo quanto riportato da Ria Novosti.
Come detto, il leader del gruppo militare dopo la ritirata da Mosca potrebbe essere in esilio a Minsk, anche se non ci sono ancora notizie certe. L’uomo sembra essere di fatto scomparso, insieme ai suoi uomini. Un accordo potrebbe essere stato fatto con il presidente Alexander Lukashenko, anche se dalle ultime informazioni riportate nella giornata odierna dall’Ansa, Prigozhin che lasciava il quartier generale del distretto militare a Rostov sul Don avrebbe accettato di trasferirsi in Bielorussia – secondo quanto emerso da un video.
I militari non dovrebbero a questo punto incorrere in alcuna azione legale da parte del Cremlino. Lo ha detto lo speaker Peskov, facendo riferimento alle “eroiche azioni” dei militari in terra ucraina. Rimangono però tanti gli interrogativi sul destino dei militari, dopo la breve rivolta. A Rostov intanto è tornata la Polizia, che è stata accolta con urla e fischi. “Vergogna!” Ha gridato la gente dopo il ritiro dei militari della Wagner, ala sede del Distretto militare meridionale russo. La folla ha accolto la polizia russa al grido di “traditori”.
Le truppe ribelli hanno lasciato anche il Voronezh, come annunciato dal governatore Gusev, e dopo la risoluzione della situazione verranno rimosse le restrizioni prese nella giornata di ieri, informa Ria Novosti. A Mosca intanto rimangono alcune misure di sicurezza, insieme al regime antiterrorismo.
Il New York Times ha affermato citando fonti dell’intelligence, che i vertici Usa erano al corrente da giorni del piano del capo dei miliziani. Anche Putin sarebbe stato informato almeno 24 ore prima del tentativo di attacco di Yevgeny Prigozhin. Lo ha riferito oggi il Washington Post, citando fonti dell’intelligence americana. Rimane un punto interrogativo sulle motivazioni della gestione del presidente russo della vicenda, non chiaro nemmeno perché Putin non abbia agito per contrastare la ribellione in anticipo.
Perché il presidente russo non abbia interrotto sul nascere la ribellione rimane un grande punto interrogativo al momento. Il NY Times ha fatto trapelare una delle ipotesi. Secondo il quotidiano newyorkese infatti potrebbero essersi verificate delle tensioni all’interno dei vertici del Cremlino, tra gli apparati di sicurezza.
Il New York Times ha rivelato citando fonti della CIA che l’intelligence americana avrebbe condotto una riunione sulle mosse di Prigozhin contro Putin che sarebbero dovute arrivare il 22 giugno. Due giorni prima dunque dell’effettivo tentativo di attacco. Stavolta però gli States hanno deciso di non divulgare la notizia, per i seguenti motivi: qualora gli americani avessero rivelato questa informazioni Putin avrebbe potuto accusarli di avere appoggiato il colpo di stato. In questo modo, tacendo, la CIA avrebbe dunque lasciato gestire a Putin la situazione.
Non è ancora stato confermato quando l’intelligente americana sia venuta in possesso di tali informazioni, ma il punto di rottura tra il Gruppo Wagner e il Cremlino sarebbe arrivato lo scorso 10 giugno, quando i vertici russi avrebbero imposto ai militari di sottomettersi al ministro della Difesa Sergei Shoigu. Un affronto per la Wagener, che non sarebbe mai andata d’accordo con le decisioni – come si è visto da alcune dichiarazioni del suo leader – con il modus operandi della Difesa russa.
Nonostante il dietrofront della Wagner, a Mosca sono rimaste le stesse misure di sicurezza di ieri insieme al regime antiterrorismo. La Russia rafforza la difesa del ponte di Chongar, nella zona che collega il Kherson alla Crimea ancora sotto attacco dallo scorso giovedì.
Le limitazioni sono state ritirate invece a Rostov, come annunciato dall’agenzia Ria dal governatore Vasily Golubev. Putin comparso nuovamente in tv ha affermato che la sua priorità è quella di andare avanti con l’operazione militare in Ucraina: “Così inizio la mia giornata e così la concludo”. Lo ha affermato in una recente intervista a Pavel Zarubina, prima della ribellione della Wagner rientrata. L’intervista però è stata divulgata oggi dall’emittente Rossiva 1.
Nel contesto della ribellione, il leader ceceno si era detto pronto a combattere la Wagner, con le sue unita speciali che avevano dato disponibilità. Ramzan Kadyrovha aveva condotto le truppe a Rostov, ma poi non c’è stato bisogno di alcuno scontro, dice lo stesso Kadyrovha: “grazie e Dio onnipotente, la situazione si è conclusa senza uno scontro”.
I militari pronti per “schiacciare” i ribelli dice il leader ceceno erano oltre 3mila, delle forze speciali inviati nelle aree di tensione con a capo Apty Alaudinov e il comandante del reggimento Sever-Akhmat, Aindi Zingiev.
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