Finita la festa, passaggio di consegne quasi avvenuto, è tempo di pensare al futuro, per Elly Schlein e per il Partito democratico. Se sui temi in agenda della nuova segretaria dem si è già detto tanto, perché è stata lei la prima a spiegarli a favore di telecamere dopo che il voto dei gazebo le ha consegnato la vittoria a sorpresa contro Stefano Bonaccini, si deve capire da che parte vuole andare il partito, o meglio da che parte andranno quelli che, nei circoli, le hanno preferito il governatore dell’Emilia Romagna.
Un via vai di gente – in primis Giuseppe Fioroni, ex ministro dell’Istruzione del secondo governo di Romano Prodi, che ieri come prima cosa se n’è andato perché, ormai, ha detto, il partito era troppo di sinistra, che potrebbe anche non esserci. D’altronde, sia lei, sia il suo ex numero uno e sfidante battuto hanno fatto capire che nonostante quello che è successo nei gazebo, si rimarrà uniti. E poi ci sono gli esponenti di sempre, i Goffredo Bettini, i Dario Franceschini, i Francesco Boccia che l’hanno sostenuta, sicuramente non il nuovo che, invece, rappresenta lei, e che dovrebbero contare quanto contano ora, ovvero tanto. A Schlein, però, a cui piacciono le sfide, quella di un Partito democratico unito e forte non può che entusiasmarla, per vincerla magari come ha fatto con le primarie.
Come cambierà il Partito democratico con Schlein come segretaria
Se, come la donzelletta che vien dalla campagna di pascoliniana memoria, Elly Schlein si è adornata il petto e il crine per il dì di festa, i giorni dopo quel trionfo che l’ha portata a essere, a sorpresa (ma non per lei), la nuova e prima segretaria donna del Partito democratico, battendo la concorrenza di una sorta di (in)usato garantito come Stefano Bonaccini, c’è da capire che ne sarà effettivamente dello schieramento democratico, non solo in termini di temi da trattare e di opposizione (durissima) da fare al governo di Giorgia Meloni, ma soprattutto per quello che potrebbe succedere al suo interno.
La sorpresa Schlein, infatti, non lo è stata solo per i sondaggi, che invece davano per certo che il successore di Enrico Letta sarebbe il suo ex numero uno in Emilia Romagna, lo è stata soprattutto perché ha di fatto sconsacrato i risultati dei circoli, dei dirigenti, dei militanti dei territori, che sì, alla deputata italo americana avevano preferito il governatore di Campogalliano.
È stata la prima volta, in effetti, che ai gazebo non si è notificata la vittoria già ottenuta prima e in un’altra sede, e questo per forza di cose impone degli interrogativi. Per chi è rimasto e vedeva in Bonaccini un’alternativa migliore a quella di Schlein, per chi è arrivato proprio perché voleva un cambiamento nel primo partito d’opposizione, ecco, di loro, che ne sarà?
Al di là dei primi addi, quello di Giuseppe Fioroni, per esempio, che se n’è andato perché, ha detto, il Nazareno non lo rappresenta più con questa nuova guida, c’è da tenere insieme anime diverse (ancora una volta, non tanto sui temi), e lo hanno fatto capire senza troppi giri di parole Giorgio Gori, il sindaco di Bergamo che sosteneva lo sfidante della deputata, e pure Dario Nardella, sindaco di Firenze, sempre dalla parte di Bonaccini, perché ora che la parte più “radicale” ha vinto, si deve capire innanzitutto che ne sarà di quella riformista, di quella moderata che proprio al governatore emiliano faceva e fa capo.
E mentre il telefono squillava per la chiamata del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, o quella della presidentessa del Consiglio, o (ancora) quella di Giuseppe Conte e Carlo Calenda, la pasionaria di Occupy Pd ha messo in chiaro che tutti avranno uno spazio: si resterà uniti, “dal centro alla sinistra“. “Lo sforzo – ha assicurato, infatti, Schlein ai suoi – è lavorare per la massima unità, tenere insieme questa comunità democratica. Avrò cura della storia di questo partito, dobbiamo essere custodi dei valori del Pd e proiettarli nel futuro“.
Non solo, perché la deputata ha anche precisato che si deve lavorare “per il rilancio senza rinunciare a una linea chiara e comprensibile. Io sono una nativa democratica, è il nostro tempo. Riuscire a tenere insieme le culture che hanno forgiato il Pd è per noi fondamentale“.
A darle una mano, poi, ci sarà anche lo sconfitto. Perché, ha dichiarato arrivando in Regione Bonaccini, “sono convinto che chi esca sbaglia, anzi dobbiamo chiamarne di nuovi. L’obiettivo è di costruire le condizioni per tornare a essere il primo partito alle prossime elezioni europee e vincere nei comuni“.
Ecco, i nuovi, quelli che hanno ribaltato i pronostici, devono essere in qualche modo premiati. “Dopo la straordinaria partecipazione alle primarie vogliamo aprire il prima possibile il nuovo tesseramento – ha spiegato Schlein -. Già ci arrivano tanti messaggi, è una occasione unica per aprire le porte affinché il popolo delle primarie sia coinvolto sulla scelta della nuova segretaria ma anche per entrare pienamente a far parte di questa comunità“.
Tra i dem potrebbero cambiare anche i capigruppo alla Camera e al Senato
Dalle parole, però, bisognerà passare ai fatti, e per il momento quelli dicono che ci sono delle spaccature. Tra chi si è schierato già da prima con Schlein, dicono dalla Repubblica, Dario Franceschini, Andrea Orlando e Roberto Speranza sarebbero per curare le ferite, mentre Francesco Boccia, che pure ha parlato dopo la deputata nel giorno della vittoria, sarebbe invece per andare comunque avanti.
E avanti potrebbe significare anche che le alleati capigruppo alla Camera e al Senato, ovvero Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, potrebbero dover fare un passo indietro in favore di rispettivamente o Chiara Gribaudo o Chiara Braga e proprio quel Boccia “intransigente”. La votazione, però, è segreta e né a Montecitorio, né a Palazzo Madama l’ex vice governatrice dell’Emilia Romagna ha i numeri per ribaltare il già scritto.
Quanto all’assetto al di fuori del Parlamento, dopo l’investitura all’assemblea nazionale del 12 marzo, Schlein potrebbe affidare il ruolo di vicesegretario a Marco Furfaro, mentre Alessandro Zan, famoso per il ddl contro l’omotransfobia, dovrebbe essere il responsabile dei diritti, Stefania Bonaldi ai territori e Marco Sarracino all’Organizzazione, la dimostrazione che il Partito democratico sta cambiando, per davvero.