Che significa votare turandosi il naso? Questa espressione la sentiamo un sacco di volte prima delle elezioni o dei referendum, da parte di chi alle urne ci andrà, ma il suo voto non sarà espressione di una convinzione politica. In parole povere, significa votare il meno peggio per evitare un male più grande. Una sorta di compromesso che spinge a chiudere un occhio, scegliendo un partito o un candidato che mai ci si sarebbe sognati di votare, pur di boicottare l’altro.
A seguire la politica del naso turato non sono solo semplici cittadini ma anche politici, intellettuali e giornalisti. Qualcuno l’ha anche ammesso. Il pensiero corre subito a Indro Montanelli, uno dei giornalisti simbolo del 900. Liberale e anticomunista, nel ’76 invitò i moderati a turarsi il naso e votare la Democrazia Cristiana, per impedire che al governo ci finissero i comunisti. Fu lui a coniare la frase.
Frase che ha ispirato alcuni politici di oggi come il senatore del Partito Democratico Sergio Lo Giudice che, in occasione del voto di fiducia del governo Renzi sul Jobs Act (ottobre 2014), ha ammesso: “Se il governo mette la fiducia, mi turo il naso e la voto. Quando deciderò di votare no alla fiducia del governo, sarà il momento in cui abbandonerò il Pd”. E come Emanuele Macaluso, anni 92, giornalista, sindacalista ed ex parlamentare comunista. In occasione delle Comunali di Roma del 2016, dopo aver criticato il Pd, ha dichiarato che lo avrebbe votato comunque: “Mi turo il naso e voto Giachetti. Da quella parte almeno c’è una cultura politica. I Cinque Stelle, invece, li considero peggio della destra, perché sono una forza eversiva dal punto di vista costituzionale”. Il suo sofferto voto non è però servito, visto che i 5 Stelle si sono poi insediati in Campidoglio.
A seguire questo metodo tanti italiani. Pensiamo alle elezioni politiche. Negli ultimi vent’anni molti elettori di destra antiberlusconiani, pur di non votare Silvio Berlusconi, si sono turati il naso votando il centrosinistra. Allo stesso modo molti di loro, pur di non votare a sinistra, hanno a malincuore votato il Cavaliere. Il metodo del “meno peggio” aiutò ad esempio Gianni Alemanno a diventare sindaco di Roma nel 2008: i romani, stanchi dopo tanti anni di amministrazione di centrosinistra, preferirono lui, un pugliese, al romano e già sindaco Francesco Rutelli.
Torniamo al presente: in quanti andranno a votare al Referendum Costituzionale turandosi il naso? Quanti voteranno Sì solo per non dare la spallata a Renzi spianando la strada a Grillo o Salvini? Tanti, scommettiamo. Come Emma Bonino, simbolo dei Radicali Italiani, che ha ammesso: “Non è drammatico dire che a volte si sceglie il meno peggio. È quello che una forza di governo come la nostra ha fatto spesso in Parlamento”. E pensiamo a quanti, negli Stati Uniti, si preparano a turarsi il naso alle elezioni presidenziali 2016 e votare contro Trump o Clinton. Perché turarsi il naso è anche votare contro. Anche se il voto di protesta è differente.
Se poi vogliamo buttarla sul filosofico, bisognerebbe chiedersi: è giusto votare turandosi il naso, o sarebbe meglio astenersi? Meglio conservare la propria dignità di elettore votando solo con convinzione, o è più importante rispettare il proprio dovere civico e recarsi comunque alle urne? Una questione complessa. Ma in fondo, quante volte abbiamo votato perché realmente convinti della nostra scelta? A pensarci bene, forse sono più le volte che abbiamo fatto come Montanelli.
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