Chernobyl è il titolo della serie tv, prodotta da HBO in collaborazione con Sky, che porta il pubblico nel cuore di quell’inferno del 26 aprile 1986 alla centrale V.I. Lenin dell’Ucraina settentrionale, quando il più grande disastro nucleare che l’uomo ricordi ha cambiato per sempre il volto del progresso. Una storia scritta da Craig Mazin e diretta da Johan Renck che ha catapultato milioni di spettatori dentro il vortice di un orrore senza precedenti. 5 puntate di storia e misteri che tornano a galla, in chiaro su La7, come un pugno in pieno viso. Prepotente e impossibile da incassare senza dolore.
Chernobyl, la serie
La serie tv Chernobyl, targata HBO, ha riacceso i riflettori sul più drammatico disastro nucleare di tutti i tempi. È la storia dell’incidente registrato alla centrale V.I Lenin dell’Ucraina settentrionale, ore 1.23 del 26 aprile 1986. Un incubo radioattivo che, a oltre 30 anni dall’orrore innescato dall’esplosione del reattore Rbmk-1000 nel sito vicino alla città di Pripyat, pesa come un macigno sulla storia dei giorni nostri.
CHERNOBYL: GUARDA LE FOTO DELLA CITTÀ FANTASMA
Il racconto segue l’intervento dei tecnici di turno quel giorno, dei vigili del fuoco che tentarono di domare lo spaventoso incendio e dei familiari. Un cast imponente per portare sul piccolo schermo quel pezzo di umanità intrappolata per sempre nelle cronache della paura: Jared Harrys, Stellan Skarsgård, Emily Watson, Jessie Buckley, Paul Ritter, David Dencik sono tra i volti che hanno interpretato i personaggi chiave nell’incubo. È la serie dei record (non solo di consensi tra pubblico e critica): 10 Emmy, 2 Golden Globe, un Grammy Award.
Cronaca di un disastro senza precedenti
A Chernobyl e dintorni è tutto sospeso in un tempo e in uno spazio che sembrano voler resistere per preservare il loro carico di dolore e orrore, ma anche di insegnamenti. È l’1.23 di un 26 aprile come tanti, ma è quello del 1986, anno consegnato alla storia come spartiacque dopo l’esplosione del reattore numero 4 della centrale nucleare. Una manciata di secondi e poi le fiamme ad aggredire la storia, le anime e i cuori.
Un incendio durato 10 giorni, una nube radioattiva come un abbraccio di morte in agguato sull’Europa e radiazioni di un’entità agghiacciante: circa 400 volte superiori a quelle espresse dalla bomba atomica che inghiottì Hiroshima. L’orrore di Chernobyl porta con sé uno strascico di interrogativi ancora senza risposte, ma anche un limbo di incertezze su quella che è la reale portata del disastro: per l’Oms, i decessi legati all’accaduto sarebbero circa 4mila, ma risulta impossibile un calcolo esatto perché di radiazioni si muore ancora oggi, a causa degli effetti nel lungo periodo prodotti dalla catastrofe.
Pripyat, cittadina a soli 3 km dalla centrale Lenin, ha pagato uno dei prezzi più alti. Circa 400mila le persone che avrebbero lasciato per sempre la loro casa nei dintorni del sito nucleare, abbandonando la loro vita e il loro tutto per scampare alla nuvola assassina che avrebbe raggiunto un’espansione su una superficie di circa 200mila km quadrati.
Prima e dopo Chernobyl
I dati ufficiali sull’evoluzione delle centrali nucleari fotografano l’abisso tra l’era pre e post Chernobyl: nei 30 anni precedenti al disastro, nel mondo sono stati costruiti 409 reattori. Nel trentennio successivo, 194. I Paesi hanno reagito in modo differente agli esiti infausti dell’incidente: Italia e Giappone in testa alla chiusura, la Germania si è proposta di completare il percorso di smantellamento entro il 2022.
La prima battuta di arresto nella corsa all’energia nucleare è arrivata dopo il disastro del 1986. Il dibattito italiano scaturito dai fatti di Chernobyl è sfociato nel referendum del 1987 con cui si è sigillata la chiusura definitiva dei 4 impianti (Caorso, Garigliano, Latina, Trino Vercellese) costruiti entro il 1990.
A seguire, dopo il disastro giapponese di Fukushima (2011), un secondo referendum nel Paese è atterrato sulla decisione di rinunciare ad ogni ambizione sul nucleare. Secondo uno studio dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica, però, questo tipo di energia sarebbe meno letale di carbone, petrolio, biomasse, gas naturale, idroelettrica e solare. Davanti al numero accertato di vittime di Chernobyl (66,4mila quelle stimate da Oms), c’è un dato rilevante: almeno 175mila morti nel disastro di Banqiao e Shimantan, in Cina. Il collasso di quel sistema di 62 dighe è una delle più grandi stragi di tutti i tempi.
Nel 2020, un terzo dell’elettricità europea è prodotta con il nucleare. Le centrali del continente sono per gran parte concentrate sotto controllo francese (esattamente 58) mentre altre 56 soddisfano circa il 17% del fabbisogno elettrico Ue.
Il presidente francese Macron, sull’onda lunga dell’impegno assunto dall’esecutivo del predecessore Hollande (ridurre dal 75 al 50% la percentuale di elettricità prodotta dal nucleare) non avrebbe dato garanzie sull’orizzonte temporale inizialmente previsto (entro il 2025).
Leggi anche: CHERNOBYL, LA NATURA SI RIPRENDE I SUOI SPAZI