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La conferma è arrivata a 24 ore dal blitz di Saint Denis: Abdelhamid Abaaoud, la mente delle stragi di Parigi del 13 novembre, è morto, crivellato dai colpi delle teste di cuoio francesi. Belga, nato da una famiglia di origine marocchina, Abaaoud è considerato l’organizzatore degli attentati ed era il ricercato numero uno dalle polizie belga e francese. Non era un semplice esecutore: siamo parlando di uno dei boia stranieri più attivi dell’Isis, un reclutatore e addestratore dei cosiddetti foreign fighters. In un’intervista alla rivista dell’Isis aveva dichiarato, spavaldo, che non sarebbe mai stato preso: il suo nome, come le sue foto, circolavano da tempo. La sua guerra si è conclusa sotto i colpi degli agenti francesi.
Abdelhamid Abaaoud, questo il suo vero nome, si faceva chiamare anche Abou Omar Soussi, dal nome della regione del sud-ovest del Marocco da dove veniva la sua famiglia, ma anche Abou Omar el-Baljiki, “il belga”. Originario di Molenbeek, il sobborgo di Bruxelles dove si è formato un gruppo di miliziani pronti a compiere stragi in tutta Europa, lì avrebbe trovato gli altri membri del commando. Sua cugina Hasna Aitboulahcen faceva parte del gruppo ed è stata la prima kamikaze a farsi esplodere su suolo europeo, proprio in quell’appartamento a Saint Denis.
Abaaoud aveva ingaggiato lei e altri amici, che lui stesso aveva formato alla jihad, tra le vie di Molenbeek. Proveniva da una famiglia agiata, il padre è un commerciante che ha un negozio di vestiti. Non era un ragazzo difficile, eppure, come racconta il New York Times, da giovane compie piccoli furti e si avvicina alla droga: non sembra interessato all’Islam, tanto che accetta di andare alla scuola cattolica Collège Saint-Pierre d’Uccle, in un quartiere chic di Bruxelles. La sua esperienza dura però solo un anno, non si sa se perché bocciato o cacciato dall’istituto e si avvicina al gruppo di amici di Molenbeek, tra cui spiccano i fratelli Abdeslam, coinvolti negli attentati di Parigi.
Nel 2013, a soli 25 anni, qualcosa cambia e Abaaoud parte per la Siria, destinazione Raqqa, diventata la capitale dell’Isis. Viene addestrato, ma in lui i miliziani vedono qualcosa di più: quando gira un video a bordo di una 4×4 a cui ha legato i corpi delle sue vittime mutilate, diventa una personalità di spicco. Nel 2014 riesce a portare il fratello Younes, di soli 13 anni, in Siria, per farlo diventare il più giovane jihadista al mondo: il padre si costituisce parte civile contro il figlio maggiore per riportare a casa il più piccolo.
Fa avanti e indietro tra la Siria e l’Europa, se ne vanta nell’intervista che rilascia al mensile Dabiq, rivista ufficiale dell’Isis su carta patina: c’è lui in copertina, sorridente mentre imbraccia un AK-47.
Il suo nome e il suo volto è noto da tempo all’antiterrorismo belga: con Brahim Abdeslam, il kamikaze che si è fatto esplodere in boulevard Voltaire e che è suo amico d’infanzia, era nella “cellula di Verviers”, gruppo di jihadisti belgi smantellato il 15 gennaio scorso, due settimane dopo gli attentati di Charlie Hebdo e dell’Hypercacher. Anche quella volta, Abaaoud riesce a sfuggire all’arresto.
A luglio 2015 viene condannato in contumacia da un tribunale belga a 20 anni di carcere perché a capo della rete terroristica della città di Verviers: la famiglia lo disconosce, chiede auto alle istituzioni che gli stanno dando la caccia, ma Abaaoud fa perdere le sue tracce.
Che stesse organizzando qualcosa però era noto da agosto, quando Reda Hame, jihadista francese di ritorno dalla Siria era stato fermato e interrogato. L’uomo aveva raccontato agli investigatori che era stato addestrato da lui e che aveva in mente di attaccare “obiettivi facili come una sala concerti”, come poi accadrà tragicamente al Bataclan.
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