Chi è Hannah Arendt? Da La banalità del male a Le origini del totalitarismo

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Chi è Hannah Arendt? Alla filosofa del pluralismo – autrice di opere come La banalità del male e Le origini del totalitarismo – Google dedica oggi un bel doodle in occasione del 108esimo anno dalla nascita, il 14 ottobre del 1906. L’animazione, che compare nella home page del famoso motore di ricerca, ritrae la filosofa sorridente mentre scrive, ed arricchisce, con un nuovo piccolo capolavoro, la galleria di doodle che Google ha realizzato quest’anno in occasione di parecchi anniversari.

Oggi, dunque, Google celebra Hannah Arendt, la studiosa tedesca che a causa delle origini ebraiche subì la persecuzione nazista, maturando, per questo, la decisione di emigrare. Rimase apolide per molti anni, infatti, fino al 1951 – il regime le aveva ritirato la cittadinanza – fino a quando cioè non divenne cittadina americana. Tra i grandi filosofi del Novecento, la Arendt rifiutò sempre di essere ‘categorizzata’ in questo modo: preferiva, probabilmente per la grande sensibilità che la contraddistingueva, definire la sua opera come teoria politica piuttosto che filosofica, benché sia una delle figure più studiate nella storia della filosofia occidentale.

Donna di grande sensibilità e cultura, Hannah Arendt è nota soprattutto per le sue riflessioni sull’Olocausto e sull’orrore nazista, concetti dai quali parte tutta la sua opera. In essa descrive principalmente il male, la politica e la democrazia, difendendo il concetto di pluralismo politico, come punto di partenza per lo sviluppo di una società senza conflitti. Di contro, critica fortemente ogni forma di democrazia rappresentativa, preferendo un sistema in cui fossero direttamente i cittadini ad amministrare la cosa pubblica.

Queste sue riflessioni sono esposte soprattutto nei suoi due saggi più importanti: Le origini del totalitarismo, del 1951, un testo fortemente criticato all’inizio poiché indaga le cause che portarono allo stalinismo ed al nazismo, trovando dei legami anche con l’antisemitismo; e La banalità del male, pubblicato nel 1963, in cui racconta il processo ad Adolf Eichmann, tra i maggiori responsabili dello sterminio degli ebrei nella Germania nazista.
Quest’ultima opera, forse la più studiata della filosofa tedesca, è anche quella che spiega più di ogni altra il suo pensiero riguardo alla persecuzione nazista, partendo dal concetto che il male possa non essere radicale. In che senso? E’ proprio la mancanza di radici, di memoria, spiega l’autrice, di incapacità di riflettere sulle proprie azioni che spinge una persona, spesso banale, a diventare un feroce agente del male. Quella stessa banalità che ha reso il popolo tedesco complice di una delle tragedie più grandi nella storia dell’umanità, senza che ciascun individuo si sentisse responsabile per il crimine commesso.

Sulla figura della grande filosofa tedesca è stato realizzato anche un film, uscito nelle sale italiane il 27 gennaio di quest’anno, in occasione della Giornata della Memoria. La pellicola, dal titolo Hannah Arendt e diretta da Margarethe von Trotta, è uscita per la prima volta in Francia nel 2012 ed ha come protagonista Barbara Sukowa, la quale ha ricevuto, lo scorso anno, una Nomination come Migliore Attrice agli European Film Awards.

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